“L’unico elemento certo è il decesso da trauma cranico, ma non è possibile ricostruire con certezza come questo sia stato causato. Non sono stati rinvenuti sul corpo della donna segni compatibili con la collisione con un toro e non sono state nemmeno trovate vetture presumibilmente coinvolte in un incidente stradale. Il luogo dove stato rinvenuto il cadavere non è coperto da telecamere, così come il tratto di strada circostanze”: lo scrive nelle motivazioni della sentenza il gup di Imperia, Laura Russo che il 31 marzo scorso ha assolto l’allevatore di Chiusanico, A.G., 55 anni, accusato di omicidio colposo, con la formula de “il fatto non sussiste”. La vicenda è quella della morte di Silvia Crosetto, insegnante 44enne originaria di Moncalieri, avvenuta il 14 luglio del 2018 all’altezza del passo del Ginestro, a Cesio, che per l’accusa, rappresentata dal pm Enrico Cinnella Della Porta, era invece riconducibile all’aggressione da parte di un toro che non sarebbe stato custodito 'con le dovute 'cautele'.
La donna venne ritrovata morta con una profonda ferita alla testa a diversi metri di distanza dall’auto che è stata poi rinvenuta ancora con le chiavi inserite e lo sportello aperto. Fu un automobilista a lanciare l’allarme avendo notato il corpo della donna riverso a terra. Nonostante l’intervento dei soccorritori per la Crosetto non ci fu nulla da fare.
Per la Procura - che per l'imputato invocò la condanna a 8 mesi di carcere- la donna, in vacanza nel savonese, stava rientrando a casa percorrendo la statale verso Torino. Vennero sentiti alcuni testimoni presenti in quella fascia oraria, in cui è avvenuto il fatto, sul tratto stradale - snodo tra i comuni di Cesio, Testico e Garlenda - e visionate alcune telecamere della zona, ma non vennero riscontranti elementi utili alle indagini. L’unica circostanza provata è che in zona era presente l’animale. Secondo l'accusa la Crosetto "per spostare il toro dalla carreggiata, parcheggiava l'autovettura su di una piazzola e scendeva (..)per poi accompagnare il toro su di un sentiero pedonale in salita, dal quale la donna, spaventata dall'animale, e ad un certo punto scivolava, cadendo sulla strada sottostante e riportando lesioni consistite in estesa frattura della base cranica ed emorragia subaracnoidea bi-emisferica che ne cagionavano il decesso pressoché immediato".
All’esito del processo, celebrato con il rito abbreviato, non vi sono elementi che possano ricondurre ad un'aggressione da parte del toro né tantomeno le ferite riportate dalla vittima sono compatibili con la stessa. Ciò era inoltre, già emerso dalle due perizie del pm. Il gup ha quindi sposato l’assunto difensivo, proposto dai legali Carlo Fossati e Serena Pilati e ha assolto l’imputato dichiarando inoltre che per il secondo capo d’imputazione, quello relativo al 'malgoverno di animali' l’imputato deve essere assolto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed eventualmente sarà il Prefetto a stabilire l'ammontare della sanzione amministrativa.
“Il Pubblico Ministero, scrive il gip nelle motivazioni, sulla base delle testimonianze che riportano la presenza dì un toro in libertà nella zona vicina al luogo dell'incidente, ha ipotizzato che la donna, vedendo l'animale in mezzo alla strada, fosse scesa dall'auto e si fosse adoperata per allontanarlo dalla strada accompagnandolo sulle alture circostanti. A quel punto l'animale si sarebbe rivolto contro di lei, la quale spaventata avrebbe perso l'equilibrio. Tale ricostruzione dei fatti non può che essere tradursi in una congettura, chiosa il gup, che non trova riscontro né sul piano probatorio né sul piano fattuale”.
Per il gup Russo quindi non ci sono dubbi: la vittima non è stata uccisa dal toro perché nessun elemento e nessun indizio comprovano questa ipotesi. “È impossibile formulare con certezza un’accusa di colpevolezza in quanto i dati raccolti, è evidenziato nelle motivazioni, permettono al più di esporre mere possibilità insuscettibili di verifica alle quali non può essere attribuito altro valore che quello di congettura. La scarsezza di elementi raccolti infatti non permette di conferire a tali dati valore di prova nemmeno applicando il criterio di verosimiglianza e le massime di esperienza (..) tali essendo gli elementi a disposizione di questo giudice non pare possa pervenirsi a sentenza di condanna”. Sul corpo della donna poi, non vennero trovate ferite compatibili con l'aggressione da parte dell'animale nè tracce pilifere sulla vittima.
In definitiva per il gup è insufficiente la prova a carico dell’imputato, in riferimento al reato di omicidio colposo, per non aver custodito il bue con le dovute accortezze provocando la morte di Crosetto: “conseguentemente, deve essere assolto da tale imputazione perché il fatto non sussiste”.
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