Ha aperto un occhio e mosso una mano Nicolò Maja, il giovane di Samarate colpito a martellate dal padre dopo che l'uomo aveva ucciso anche la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia. Una tragedia, quella di inizio maggio, che aveva sconvolto il tranquillo paese e tutta la provincia di Varese.
Ora, dopo l'orrore, arriva un segno di speranza. Flebile, ma prezioso. Il ragazzo, da un mese ricoverato in gravi condizioni in terapia intensiva al Circolo di Varese dove è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico e dove si trova in coma farmacologico, avrebbe dato segnali di ripresa.
A dirlo è Repubblica.it, che riporta anche le parole dell'avvocato della famiglia, Stefano Bettinelli: «Nicolò è decisamente migliorato e sembra davvero riesca a rispondere, anche se a gesti, alle domande - ha detto il legale - una notizia bellissima, seppure la prognosi non sia stata ancora sciolta e il percorso sarà molto, molto lungo».
Intanto per Alessandro Maja tornano ad aprirsi le porte del carcere: secondo quanto riferito all'Ansa dal suo avvocato Enrico Milani, l'uomo, che fino a oggi era detenuto nel reparto psichiatrico carcerario del San Paolo di Milano perché le sue condizioni mentali lo avevano fatto ritenere incompatibile con il carcere, è stato portato nella casa circondariale di Monza.
«Gli abbiamo comunicato che Nicolò ha dato segni di miglioramento, che si è mosso, e lui ha reagito con una parvenza di sorriso, ma è come se vivesse in un mondo tutto suo - ha dichiarato all'Ansa il legale - Ci ha detto che sta assumendo circa 15 pastiglie al giorno, che credo siano necessarie per tenerlo sedato, per questo non credo che traspaiano molte emozioni» ribadendo che «serve una perizia psichiatrica che certifichi se Maja fosse o meno capace di intendere e volere quando ha agito».
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