Il Nazionale

Sport | 03 aprile 2022, 10:02

Gianluca Anastasi: «Con papà bastava uno sguardo per capirsi. Nei suoi gol "vedeva" la felicità degli operai. Quella volta che aiutò un macellaio varesino a far scendere la mucca dal camion»

Il figlio dell'indimenticabile Pietruzzu ci fa rivivere le emozioni di un calcio a misura di tifoso: «Lo scambio Boninsegna-Anastasi? Noi ragazzi giocavamo in cortile le sfide Inter-Juve e mio fratello Silvano, anche lui bianconero, ai gol urlava "Bonimba gol". È il bello del calcio... Portavo a compagni e prof le foto autografate dei calciatori. Sono vicino alla famiglia e alla figlia di Furino. Il legame speciale con Gentile. Auguro a Varese di rivivere i tempi di quando un ragazzo siciliano arrivò a caccia di riscatto»

Gianluca Anastasi: «Con papà bastava uno sguardo per capirsi. Nei suoi gol "vedeva" la felicità degli operai. Quella volta che aiutò un macellaio varesino a far scendere la mucca dal camion»

Un calcio romantico, fondato sulle emozioni e sulla voglia di riscatto, a misura di tifoso. Un calcio che è ancora possibile rincorrere, soprattutto ascoltando le parole e i ricordi palpitanti di Gianluca Anastasi, figlio dell'indimenticabile Pietruzzu. Un viaggio nel tempo ma anche nel presente da cui emerge tutto ciò che, ispirandosi ai valori del passato, può cambiare il futuro.

Papà Pietro fu calciatore, allenatore, grande centravanti, campione europeo: nato a Catania il 7 aprile 1948 e scomparso nella sua adorata Varese l'11 gennaio 2020, è rimasto e rimarrà sempre nel cuori dei tifosi italiani. Per le sue imprese sportive e per il suo essere uomo semplice, diretto e sincero. Ci piace ricordarlo con grande stima, affetto e riconoscenza nella città dove ha scelto di vivere, che è stata il suo punto fisso per sempre, e dove ha anche trovato l'amore della sua vita, la moglie Anna, che gli ha donato due splendidi figli come Gianluca e Silvano, che tuttora vive in Canada.
Con Gianluca, che come il padre ha fatto della Città Giardino la sua casa, proviamo a scoprire alcuni ricordi inediti di Pietro.

Gianluca Anastasi, qual è il primo ricordo di papà?
Quello di una persona normalissima, diretta, molto taciturna. Quando parlava e ci guardava con il suo sguardo, però, era molto autorevole. Anche se per i suoi impegni sportivi talvolta era assente, sia io che Silvano sentivamo sempre la sua speciale presenza. Ci seguiva in tutto, dalle amicizie alla scuola, anzi per lui lo studio e l'impegno sui libri erano la priorità, e questa "spinta" ci ha sempre accompagnato nel nostro percorso scolastico.

I fratelli Anastasi hanno giocato a calcio?
Sì, a livello di allievi: ci piaceva molto, ma percepivano grande pressione. Avevamo un cognome di rispetto, e questo ci condizionava. Devo dire che ho grande stima nei confronti dei figli di calciatori che hanno segnato la storia del calcio italiano, predisposti a non subire le troppe aspettative: papà era molto discreto, non veniva a vederci e non gradiva le raccomandazioni. Nel tempo nostra madre ci ha detto che quando veniva ad osservarci, ma restava nell'anonimato e lontano da tutti.

Ci racconta la vostra prima volta allo stadio con papà?
Era il 1985, eravamo adolescenti e ci portò al Comunale di Torino a vedere una partita di Coppa con il Bordeaux, vinta dalla Juventus. Personalmente rimasi molto affascinato dagli ultrà della curva e dai loro cori, tanto che all’uscita chiesi a papà di comprarmi la loro sciarpa. Ricordo come lui fosse molto imbarazzato nel doversi avvicinare ad una bancarella... ma quella sciarpa suggellò il mio grande tifo per la Signora.

Come ha trascorso la sua infanzia da... Anastasi.
Benissimo: sinceramente della permanenza a Torino non ricordo molto, ero piccolo,. A Varese, dove ho frequentato le scuole, mi sono trovato benissimo. Ricordo che portavo ai miei compagni e ai professori le fotografie autografate dei calciatori juventini, e venivo perdonato anche dai professori che tifavano altre squadre... Il calcio è bello cosi. Mi sono trovato benissimo anche ad Ascoli, dove tuttora ho amici: mio padre segnò il suo centesimo gol proprio con la maglia marchigiana, ironia della sorte contro la Juventus.

Lei ha vissuto il famoso scambio Anastasi-Boninsegna tra Juventus e Inter...
Certo, ma la fede non cambia. Però quando giocavamo in cortile le sfide tra ragazzi tifosi dell'Inter e della Juve, mio fratello - anche lui bianconero - ad ogni gol segnato urlava "Boninsegna gol...". Che bello il calcio: un Anastasi che esaltava il Bonimba. Ad onor del vero devo anche aggiungere che tra mio padre e Roberto c’erano stima ed amicizia.

Ci racconti qualcosa di particolare su papà.
Avrei tante cose da dire. Anche adesso, quando incontro persone che lo hanno conosciuto, mi raccontano qualcosa di particolare ed inedito, come quella storia del macellaio...

Ci dica.
Quando poteva, mio padre andava a fare la spesa e comperare la carne. Un giorno andò in una macelleria vicina al lago di Varese, dove arrivò una mucca che doveva essere scaricata dal camion. Il macellaio, che non era un appassionato di calcio, si rivolse all’unico uomo presente e cioè a papà, chiedendo di essere aiutato a far scendere l'animale: lui si presto subito e volentieri. Quando il macellaio si accorse a chi l'avesse chiesto, ci rimase male, ma papà si mise a ridere di gusto.

È ancora in contatto con gli ex compagni di papà?
Sì: ci sono stati accanto nei momenti terribili della perdita. Mi sento con il figlio di Cuccureddu e, attualmente, con la figlia di Furino, per il particolare momento che vive, anzi approfitto per fare un grosso il bocca al lupo al suo straordinario padre. Sono in contatto con Giada Bellugi, figlia del grande campione e leone dal cuore d’oro. Mia madre, poi, si sente spesso con la moglie di Gaetano Scirea, persona straordinaria. Ci sono stati vicino in tantissimi, tra questi Marotta, Bettega e Claudio Gentile che con mio padre aveva un legame speciale.

Che tipo di legame?
Erano due siciliani. Mio padre era alla Juventus già da qualche anno e, quando arrivò il giovanissimo Gentile, anche lui dal Varese, lo prese sotto la sua ala, anche perché Claudio si fece subito voler bene. Gli trasmise l'essenza dell’ambiente bianconero, dove si dovevano rispettare i ruoli e le regole, evitare polemiche ed avere un comportamento ineccepibile. Claudio fece tesoro di quei preziosi consigli.

Cosa le ha trasmesso suo padre?
Integrità morale, rispetto delle regole e degli altri. Spesso mi raccontava che lui era stato un ragazzo fortunato, un ragazzo partito dalla Sicilia e arrivato a Varese che, con tanto impegno, voleva giocare al calcio e fare della sua passione la sua vita. Quella passione per lui si trasformò davvero nel lavoro più bello del mondo. La sua missione è sempre stata quella di regalare divertimento ed evasione ai tanti tifosi che si alzavano all’alba per andare in fabbrica e portare a casa uno stipendio perché la loro famiglia arrivasse a fine mese. Papà era felice, con quella dolce "evasione" domenicale, di poter dimostrare ai tanti che provenivano dal Sud che, con volontà, impegno e sacrificio, si può arrivare ad ogni obiettivo.

Cosa vorrebbe dire, in conclusione, Gianluca?
Ringrazio i tanti varesini che ancora oggi si ricordano di papà. Ringrazio tutti per il grande affetto e la vicinanza per i momenti dolorosi passati. Ancora oggi sento la città vicina nella memoria di mio padre. Colgo l’occasione di salutare tutti gli amici e i tifosi, con l’augurio che lo sport nella nostra città ritorni ai livelli di quando giocava quel ragazzo arrivato dalla bellissima terra siciliana, a cui sono molto legato, in cerca di riscatto e con tanta voglia di fare.

Claudio Ferretti

Commenti