Il Nazionale

Cronaca | 03 febbraio 2022, 07:31

Oltre cento morti in rsa di Torino e Milano durante la pandemia, denunciati per frode due direttori e alcuni dirigenti

Le indagini partite dagli esposti dei parenti: l'assenza di tracciamento ha impedito di stabilire il nesso causale col Covid, ma ha svelato anche la mancata applicazione di misure di sicurezza nelle strutture

Oltre cento morti in rsa di Torino e Milano durante la pandemia, denunciati per frode due direttori e alcuni dirigenti

Frode nelle pubbliche forniture in piena emergenza Covid. Con questa accusa sono stati denunciati dalla Guardia di Finanza alcuni dirigenti di una società che gestisce residenze per anziani in Piemonte e in Lombardia (soprattutto nelle vicinanze di Torino e Milano) e due direttori di Rsa proprio nella città della Mole.

Una svolta arrivata dopo che - nel corso delle stesse indagini - erano state archiviate invece le accuse di epidemia e omicidio colposo, dopo che nelle delle due Rsa di Torino si erano verificati oltre cento decessi nel periodo di massima difficoltà per l'emergenza  sanitaria. Le indagini avevano preso il via proprio a seguito degli esposti presentati dai parenti degli anziani ospitati nelle RSA e morti nel corso della prima fase della pandemia.

Nessun tracciamento, impossibile stabilire il nesso causale

L’assenza di qualsiasi tracciamento dei pazienti affetti da Covid-19 ha, di fatto, reso impossibile la dimostrazione, da parte dei periti incaricati dalla Procura della Repubblica di Torino, del nesso causale tra la diffusione dei contagi e le morti degli ospiti delle RSA che, in ipotesi, avevano contratto il Covid-19 in relazione ai trasferimenti avvenuti nelle strutture. 

La fine delle indagini, svolte dal 2° Nucleo Operativo Metropolitano Torino della Guardia di Finanza, coordinate dai Procuratori Aggiunti Enrica Gabetta e Vincenzo Pacileo e dirette dai Pubblici Ministeri Giovanni Caspani e Rossella Salvati.  

Pazienti positivi inseriti in struttura, ma senza sicurezza

Dai documenti e le dichiarazioni acquisiti nel corso delle indagini, però, sarebbero elementi che inducono gli inquirenti a ritenere che la società abbia manifestato la disponibilità all’inserimento di pazienti Covid-19 provenienti dagli ospedali pur nella consapevolezza di non poter garantire il rispetto delle linee guida diramate dall’Istituto Superiore della Sanità e direttive impartite e dei protocolli elaborati dalla sanità piemontese, cui le strutture dovevano attenersi in relazione ai cosiddetti “livelli essenziali di assistenza”.

 

In particolare, dall’audizione dei dipendenti delle RSA e dall’esame della documentazione analizzata risulterebbe che le due strutture non avrebbero rispettato le normative per le prestazioni da eseguire per la fascia assistenziale di “Alto livello incrementato” come parametri standard riferito ai pazienti Covid-19 inseriti nelle RSA, quanto alle forniture/modalità di utilizzo dei dispositivi come mascherine e simili, alla separazione dei percorsi, alla distinzione tra pazienti Covid-19 positivi e non, alla predisposizione di specifici corsi, alla sanificazione dei locali, allo screening dei pazienti all’ingresso e del personale nonché dei degenti con sintomi compatibili alla malattia e ai tempi di assistenza da destinare ai pazienti.

Ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, la mancata erogazione di dette prestazioni, oltre a integrare il reato di frode nelle pubbliche forniture, avrebbe consentito illeciti risparmi a vantaggio delle RSA.

redazione

Commenti