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Sport | 19 dicembre 2021, 21:47

Nei panni di Adriano Vertemati e Alessandro Gentile

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI - A Sassari sono le imperfezioni a costare caro, ma è sempre più chiaro che i biancorossi debbano “togliere” per avvicinarsi a un concetto di squadra. L’asse portante della stagione - il coach e il campione, oggi assente - hanno ancora poco tempo per “difendere” l’idea iniziale della Openjobmetis 2021/2022: altrimenti a togliere Varese dal suo elenco sarà la Serie A

Nei panni di Adriano Vertemati e Alessandro Gentile

È l’imperfezione a scrivere le sconfitte. Non il destino cinico e baro. 

Al PalaSerradimigni sono i rimbalzi offensivi lasciati in quantità industriale agli avversari (ben 21). Poi le disattenzione minime ed estemporanee, che sommate però costano caro in un match punto a punto: i due o tre canestri su tagli nemmeno minimamente contestati; l’interferenza di Egbunu su un canestro già fatto di Beane; le palle perse banali di Keene.

Piccoli pressapochismi che una squadra vera prima o poi elimina. Perché una squadra vera non ha paura di vincere: partite del genere, dopo sforzi del genere, le porta a casa.

Già, una squadra vera. Verrebbe da scrivere che oggi, senza Alessandro Gentile, la Openjobmetis abbia quantomeno accarezzato il concetto, vi si sia quantomeno avvicinata. Di certo dall’Isola è arrivata un’altra conferma: togliere serve come il pane a questa Varese.

Come contro Trieste, come contro Tortona: meno si è, meglio si gioca, almeno in attacco. Sono troppi, troppi, troppi i giocatori che per rendere hanno bisogno della palla in mano: ne elidi almeno uno e il dialogo offensivo acquista ordine, fluidità, senso anche nella sua semplicità. Penetra e scarica, pick and roll, triple. Punto.

Keene è un Gentile bonsai: oggi ha fatto le onde perché la palla l’ha avuta in custodia sempre lui. Jones è un altro che soffre di invidia quando la boccia gli girovaga lontano, lo si comprende da come talvolta si butta allo sbaraglio appena la riconquista, ma ha un quid di generosità che lo tiene in linea di galleggiamento. 

Kell, invece, sta crescendo. Il ritorno nel suo ruolo naturale ha aiutato, ma non è solo quello: ha pazienza, intelligenza, leadership, controllo, sa dosare le iniziative personali. Per due mesi non ci è piaciuto, ma eravamo noi ad avere poca pazienza allora (e in sintesi a sbagliare giudizio): ora come ora è quasi un faro.

Egbunu è il solito bambinone che gioca sull’altalena: contro Napoli ha volato in alto, oggi è precipitato. 

Senza chi non aiuta a fare la squadra, Gentile, e parliamo solo di campo non di altro, si sono rivisti infine gli uomini squadra: De Nicolao, Ferrero, Sorokas. Indispensabili. Ce ne vorrebbero addirittura di più.

No, non vorremmo essere per nulla nei panni di coach Vertemati e di Alessandro Gentile, attualmente. Hanno ancora poche partite, forse un paio, per dimostrare che l’idea iniziale della Varese 2021/2022, basata sul loro connubio, può ancora essere valida. Uno deve smentire chi lo ha già etichettato per l’ennesimo anno di fila come condizionante in negativo a causa del suo basket unidirezionale, non malleabile, non compatibile; l’altro deve trovare un modo per dare significato vero all’espressione “pietra angolare” usata tante volte (soprattutto da chi si è dato, Andrea Conti…) quest’estate, in una sintesi che comprenda tutti gli elementi di questa Varese “sbagliata” fin dal principio.

Oppure tolga. Vada di cesoia. Faccia scelte che mai avrebbe immaginato di dover fare.

Perché cambiare non si può più (e noi non siamo certo tifosi del cambiare allenatore: ultima e triste ratio), ma si può togliere. 

Altrimenti a togliere Varese dal suo elenco sarà la Serie A.

Redazione

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