È nel rapporto - mai chiarito se non con dichiarazioni di circostanza, spesso contraddittorie - tra Annalucia Cecere, indagata per omicidio, il commercialista Marco Soracco e sua madre Marisa Bacchioni - entrambi indagati per falsa testimonianza - che potrebbe celarsi la soluzione del giallo che avvolge la morte di Nada Cella.
Del resto, fin dal giorno dell’omicidio della giovane segretaria, furono loro tre a finire sotto la lente degli inquirenti, dove sono tutt’ora, dopo venticinque anni.
Ciò che è emerso in questo nuovo filone di indagine è un particolare sconcertante e che porta a riflettere sui motivi per cui certe piste investigative importanti, furono messe in secondo piano o, peggio, scartate.
Poco dopo la morte di Nada, dall’ambiente ecclesiastici arrivò la “raccomandazione” al commercialista Soracco e a sua mamma, di non fare agli inquirenti il nome di Annalucia Cecere. La ragione? Semplicemente per delle così dette “ragioni di opportunità”.
Ossia, per meglio dire, per non associare il buon nome della famiglia Soracco - benestante, molto conosciuta, impegnata in politica e nel sociale - a quello di una persona, come Annalucia Cecere, così diversa per estrazione sociale ed economica, dai Soracco.
Questo nuovo elemento è ciò che è emerso dalle indagini della Procura, dove in questi giorni sono stati ascoltati numerosi religiosi. Tra questi anche un frate che avrebbe ricordato e raccontato molti dettagli utili per stringere il cerchio intorno all’assassino.
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