Dopo cinque ore di dibattito, alle 23 di ieri sera, è finito il Consiglio federale della Lega che ha votato all’unanimità un ordine del giorno di condivisione della linea politica, affidando mandato pieno al segretario Matteo Salvini.
Gli osservatori dicono che si tratti solo di un primo round e che la vera partita si giocherà a dicembre quando verrà avviata la fase congressuale che porterà – nelle intenzioni del segretario – al rinnovo di tutte le federazioni provinciali e delle sezioni cittadine.
Il malumore, cui ha dato voce il ministro Giancarlo Giorgetti, serpeggia in particolare tra i governatori del Nord Est, dove la scelta sovranista ed ipereuroscettica di Salvini, piace poco.
E nel Cuneese, come viene vissuta questa fase complicata della Lega?
Non da oggi si sa che ci sono due distinti gruppi di potere: da una parte i giovani proconsoli del segretario piemontese Riccardo Molinari, il deputato genolese Flavio Gastaldi e il consigliere regionale Matteo Gagliasso, assolutamente ortodossi rispetto alla linea Salvini.
Dall’altra i “calderoliani” Giorgio Bergesio (senatore) e Paolo Demarchi (consigliere regionale).
A questi si aggiunge, non solo per ovvie ragioni, l’eurodeputata Gianna Gancia, moglie del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, uno dei pochi dirigenti della Lega della prima ora a non essere stato estromesso dalla tolda di comando.
Inutile chiedere ai dirigenti provinciali un pronunciamento perché il ritornello è sempre lo stesso: “la Lega è una sola e oggi il Capitano è il suo profeta”.
L’unica che, non da oggi, ha manifestato liberamente il proprio disappunto per la linea del Capitano è Gianna Gancia, la quale non ha mai perso occasione per rintuzzare Salvini manifestando nostalgia per il federalismo bossiano dei primordi, ora finito in soffitta.
Chi si chiama fuori dalle diatribe correntizie è l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi, il quale, sin da quando era sindaco di sindaco di Santo Stefano Belbo e poi consigliere provinciale, non si è mai avventurato più di tanto nelle dinamiche interne al partito.
La Lega dispone oggi di un peso elettorale notevole in provincia di Cuneo.
Nelle consultazioni del 2019 ha avuto un exploit elettorale senza precedenti: alle europee ha ottenuto il 43,94% e alle regionali il 41,30%.
A fronte di queste percentuali non corrisponde però analogo riscontro nelle amministrazioni locali.
Se si esclude infatti la Vandea fossanese, dove nella città degli Acaja ha conquistato il municipio con il sindaco Dario Tallone e annovera 8 consiglieri comunali e nella vicina Genola dove ha sindaco il deputato Flavio Gastaldi, nelle restanti 6 “grandi sorelle” della Granda, conta poco.
Solo ad Alba è in maggioranza, ma 2 consigliere se ne sono andate e l’assessore e coordinatore cittadino Marco Marcarino si è dimesso un paio di mesi fa. Dopo l’implosione del gruppo, sono rimasti solo 3 consiglieri: Elena Alessandria, Lorenzo Barbero e Italo Magliano.
A Cuneo è in minoranza con 2 consiglieri di: Valter Bongioanni e Laura Peano.
Pure a Bra è all’opposizione con 3 rappresentanti: Marco Ellena, Giuliana Mussino e Luca Cravero.
Tre anche a Saluzzo, sempre sui banchi della minoranza: Paolo Demarchi, Domenico Andreis e Paolo Scaletta.
A Savigliano e Mondovì conta un solo consigliere, anche qui d’opposizione. Si tratta rispettivamente di Marco Racca e Guido Tealdi.
A pochi mesi da una nuova tornata amministrativa che, nella tarda primavera del prossimo anno, interesserà Cuneo, Mondovì e Savigliano insieme a Borgo San Dalmazzo e Racconigi e altri Comuni del Cuneese, la Lega appare ancora in ambasce.
I Fratelli d’Italia la incalzano e non perdono occasione per farle sentire il fiato sul collo mentre Forza Italia, pur se non in forma smagliante, dispone di maggior personale politico.
I due partner di coalizione sembrano infatti districarsi meglio in quel mondo delle professioni e delle imprese che richiede al centrodestra professionalità e competenze per gestire le macchine comunali.
La Lega cuneese – al di là delle dispute interne in corso - su questo fronte arranca.
Che cosa le ha impedito di arrivare ad avere una classe dirigente nelle municipalità?
È un “nodo” che i vari gruppi dirigenti, succedutisi in ormai oltre un quarto di secolo, non hanno mai saputo (o voluto) sciogliere.
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