Una cosa ve la scriviamo subito: vista da una piazzola dell’A1, con i camion sfreccianti ad altezza uomo, il profumo del letame proveniente dai campi costeggianti l’arteria e le pive nel sacco per aver rotto nell’ordine una gomma, una batteria e pure qualcos’altro (che non si può scrivere in un articolo di giornale), la Varese di oggi ci è sembrata ancora più triste.
Che succede? Succede che la meglio gioventù del giornalismo baskettaro varesino decida che la trasferta a Cremona si debba fare in compagnia. E allora via: chi vi scrive, Fabio Gandini, Matteo Gallo, alla guida, il giovane rampante Alessandro Burin e la sicurezza Damiano Franzetti tutti insieme sulla Gallo’s car in direzione PalaRadi.
Prima sfiga: incidente in A8, altezza Castronno. Poco male, pensano i cronisti, si arriverà un po’ più tardi. E nemmeno il traffico in tangenziale preoccupa: tutto calcolato, siamo ancora in tempo. A un certo punto ecco che una richiesta innocente getta inconsapevolmente le basi del dramma. Siamo all’altezza di Lodi: «Teo, fermati sulla destra che prendo il pc dal bagagliaio e apro la diretta». Il buon Gallo esegue, lo strumento di lavoro viene ritirato e si riparte. Dopo 50 metri, alla velocità di 120 orari, ecco un rumore simile a quello di una pentola a pressione troppo piena di fagioli, seguito da un balbettio dell’auto stile canguro zoppo e un leggero imbarco a sinistra. La ciurma giornalistica capisce che il caso di accostare di nuovo. I sacramenti anticipano persino la visione del misfatto: gomma anteriore sinistra a terra. Beh… a terra: diciamo squarciata da una mina anti-uomo residuato del Kosovo, almeno a giudicare dal buco.
Poco male: in quattro una gomma la cambiamo in cinque minuti e ripartiamo. Il PalaRadi ci aspetta.
Le vostre penne preferite si mettono allora al lavoro: uno tira fuori lo pneumatico nuovo, un altro alza il crick, un terzo e un quarto smollano le viti. L’esistenza sembra tornare a sorridere, ma la sfiga in realtà ha appena iniziato a raccontare la sua storia. E si vuole divertire, vuole prenderci la mano: il crick si rompe.
Letteralmente. Resta a metà: non va né avanti, né indietro, né su, né giù. E cambiare la gomma diventa impossibile.
Sguardi perplessi, parole irripetibili alternate a risate nervose. Sono le 19: alla palla a due manca mezz’ora. Che si fa? Via di soccorso stradale. Il buon Gallo si piazza al telefono, gli altri intanto organizzano una postazione giornalistica di emergenza sul tetto della sua Skoda. Inizia a calare il buio e con le tenebre arriva pure il freddo. L’uomo che dovrebbe venire a salvarci continua a chiamare promettendoci un arrivo «entro massimo massimo massimo (ma proprio massimo eh) mezz’ora». Egbunu e Mcneace stanno già saltando mentre un tir della grande distribuzione ci accarezza i capelli (per chi ce li ha): del soccorso nemmeno l’ombra.
Le lucine gialle del nostro Messia si palesano con il 19' scoccato sul cronometro: Gallo lo accoglie, gli altri si spostano con i loro computer sul guard rail. Va sempre peggio ma c’è fiducia. La gomma viene cambiata in dieci minuti: in Formula 1 fanno decisamente meglio ma a tutti i giornalisti presenti pare comunque un “tempone” che infonde speranza. Si riparte? Si riparte. Dai.
No, non si riparte: batteria scarica. Completamente scarica. La Gallo’s car si impunta sulla piazzola dell’A1 come un ciuccio intestardito. No, non si parte.
Qualcuno ride, qualcuno chiama a raccolta i santi del paradiso e non per un saluto gentile. Gallo, ormai ai limiti della sopportazione umana, riprende il telefono (che prima si blocca, poi riparte: non voleva essere da meno) e chiama di nuovo l’omino del carro-attrezzi. Non ascoltiamo la chiamata ma avremmo tanta voglia di farlo: a giudicare dalla faccia imbarazzata di Matteo ne sarebbe valsa la pena.
Nel frattempo il buio è diventato predominante e la temperatura è affondata sotto i dieci gradi. A Cremona, che in questo momento ci pare più lontana della Nuova Zelanda, il terzo quarto è già realtà.
L’omino arriva e ci saluta con un misto di pietà e comprensione: con i suoi cavi la macchina si riaccende in 5 secondi. La sua raccomandazione, però, assomiglia a un diktat che le quattro penne - guatandosi brevemente - decidono di non disattendere: «Girate i tacchi e tornate a Varese, senza spegnere il motore». La ciurma riparte e arriva a Masnago. Sana e salva. Non era scontato.
Chiamatele, se volete, “Le cronache dell’autostrada”.
P.S.: Divertente è stato scriverle e tutto sommato sorridere ai contrattempi di una trasferta indimenticabile. Meno, molto meno, ammirare la Varese odierna: una squadra senza capo né coda, surclassata da avversari che ancora una volta - dopo Bologna - sono apparsi fare quasi un altro sport. Solo che stavolta non erano campioni milionari, ma onesti mestieranti con un’idea di squadra. Quella che non ha la truppa di Vertemati: in difesa, in attacco, nell’anima. E questo preoccupa.
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