Il Nazionale

Sport | 06 ottobre 2021, 20:42

IL COMMENTO. Caro Varese, tutto tranne la mediocrità. Dopo essere "morti" a Novara, meglio un crollo o un trionfo della banalità

Dopo quello che è successo al Piola, ci saremmo aspettati tutto dai biancorossi tranne che un brodino caldo. Se in venti minuti sembri il Real Madrid e negli altri il Fuenlabrada, impazziamo. Perché significa essere tutto e nulla. Il Varese è lacrime di gioia o dolore

IL COMMENTO. Caro Varese, tutto tranne la mediocrità. Dopo essere "morti" a Novara, meglio un crollo o un trionfo della banalità

E' già un piacere essere qui. Un punto che muove la classifica. A volte bisogna accontentarsi. Il Gozzano è una bella squadra. L'anno scorso avremmo perso. Tutti possono battere tutti o perdere con tutti. 

Sgombriamo il campo da equivoci: se volete giornalisti che seguono il Varese per raccontarvi ovvietà e banalità, andate altrove.

Se invece pensate che conti ancora qualcosa il pensiero libero, la passione che arriva dall'essere sempre presenti, la provocazione capace di accendere un fuoco anche dal nulla, la voglia di dare qualcosa in più di quello che si ha dentro, proseguite.

Noi preferiamo gente che si incazza e non si accontenta del minimo sindacale (il classico 6 in pagella). E crediamo all'estremismo più che all'equilibrismo, almeno al Varese (ogni squadra ha la sua indole, noi abbiamo questa). Da sconfitte brucianti (a Monza e a Cremona in Prima Divisione nel 2009/2010) nacque la promozione in serie B, così come la semifinale per la A venne conquistata confermando Sannino dopo i ko iniziali di Crotone e Frosinone, e la finale dell'anno dopo nel momento in cui il Sassuolo venne a pasteggiare al Franco Ossola. Ti prendono a schiaffi, reagisci (il ko nel derby di Como con l'ultimo posto in Seconda Divisione fu la molla per arrivare primi per due stagioni).

Il Varese ha perso al Piola di Novara come nemmeno  Dario Argento avrebbe potuto immaginare. Le lacrime avrebbero dovuto essere trasformate in furia e rabbia cieca, dal primo minuto al novantacinquesimo. Oppure, in caso di incapacità, in un pianto e in un crollo.

Avremmo accettato le barricate con gol al 95', il crollo psicologico, l'assalto con contropiede letale o qualunque altre esito ma, con quello che ci hanno fatto a Novara, la mediocrità proprio no.

L'1-1 non cambia nulla, e questo ci fa rabbia. Se in venti minuti sembri il Real Madrid e negli altri il Fuenlabrada, impazziamo. Perché significa essere tutto e nulla.

Il Varese (in generale) è 0-4 o 4-0, non 0-0 o 1-1. Il Varese scava, per scendere o risalire, non si accontenta. Non è un punticino, ma tre punti o zero. Non è mediocrità, ma lacrime di dolore o gioia. Oggi si sarà pure mossa la classifica, ma si è persa un'occasione.

Ps: per capire che si è persa un'occasione, basta guardare la foto che vi proponiamo in apertura. Il mitico Rinaldo, nato il 15 ottobre del 1932, è tornato al Franco Ossola per avere qualcosa in più di un 1-1 che va bene a tutti, tranne a chi assapora ogni giorno della vita come se fosse unico e irripetibile. Lui, e la gente come lui, fa del coraggio la sua ragione di vita. Quel coraggio che oggi, e speriamo non solo oggi, è mancato.

Andrea Confalonieri

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