"La solidarietà è uno degli ingredienti della ripartenza. Abbiamo voluto organizzare questo momento con tutte le comunità religiose che fanno parte della nostra comunità attraverso questo tavolo che è unico in Italia". Con queste parole la sindaca Chiara Appendino ha spiegato il momento di preghiera organizzato nel cortile di Palazzo Civico dal Comitato interfedi.
A pregare per le persone vittime del Covid, Sergio Griffa (chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni), Walter Nuzzo (istituto buddista italiano Soka Gakkai), Tejomay e Aurora Chetina (Unione induista italiana), padre Paul Porcescu (chiesa ortodossa romena), Elena Seishin Viviani (Unione buddhista italiana), Walid Bouchnaf (Comunità islamica), pastora Maria Bonafede (Federazione delle chiese evangeliche), Rav Alberto Moshe Somekh (Comunità ebraica) e monsignor Cesare Nosiglia (chiesa cattolica). Un rappresentante per religione, a testimoniare come nelle difficoltà ma anche nella vita di tutti i giorni non esistano distinzioni e disuguaglianze.
"E’ evidente che solo abbattendo le barriere, con spirito di solidarietà e coesione, che si potranno affrontare le sfide del domani" ha affermato la prima cittadina. Che Torino sia città di inclusione lo dice la sua storia. In un contesto così vario e complesso come quello attuale, la città ha dato vita al Comitato interfedi proprio per favorire il dialogo tra religioni diverse.
Appendino ha poi rivendicato con orgoglio la risposta della comunità torinese durante il primo lockdown, momento che ha messo a dura prova la città: "Molti hanno aiutato con i pacchi alimentari, con la rete di Torino Plurale. Ne siamo orgogliosi". "Durante il primo lockdown abbiamo visto volontari con storie personali diverse che hanno contribuito a dare una mano. Quello spirito lì non dobbiamo perderlo nella fase di ripartenza" ha concluso Appendino.
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