Addio mitico "Cenda", nella tua umanità e nella tua presenza viveva lo spirito puro del Varese

Tra le figure che hanno fatto la storia del Varese, non in campo e nemmeno ai piani alti ma molto più in profondità, là dove si toccano le corde dell'anima, ce n'è una che più di tutte le altre si avvicina alla parola "angelo", ora più che mai. È quella di Diego Cendaroni, leggendario magazziniere e tuttofare che ha solcato mille generazioni ed epoche del Varese, anche se noi lo ricordiamo premuroso uomo in più ai tempi belli della prima scalata dai dilettanti alla semifinale con il Cittadella per la serie B (stagione 1999/2000) ma anche dopo: di sicuro, il Cenda è nel cuore di tutti coloro che amano questi colori.

Rivederlo agli allenamenti o al Franco Ossola, da lì in avanti, è sempre stata una grande gioia per tutti perché, subito dopo il classico saluto "ciao Cenda!" (lui, per tutti, era il Cenda, perché diminuendo il nome si aumentano la complicità, la vicinanza e l'affetto), era come se un piccolo grande simbolo di quegli anni, mentre tutti gli altri si allontanavano, potesse restare qui, a un passo da noi.

Il Cenda era un uomo buono, a volte burbero come i vecchi padri di famiglia che, un secondo dopo averti risposto picche, ti danno tutto ciò che vuoi. Il Cenda, che con Carlo Macchi - lo zio di Ezio - aveva creato il mitico Club Giovani Biancorossi Gazzada, era il piccolo segreto di un grande spogliatoio, un meccanismo invisibile che faceva girare il motore biancorosso, un trait d'union tra ambiente, società e città sempre più difficile da trovare, uno di quei custodi dello spirito di appartenenza a una maglia così rari, delicati, inafferrabili e veloci come lo sono le nuvole nell'andarsene, lasciando alle loro spalle un cielo vuoto.

Ciao Cenda, e grazie di tutto. Se amiamo il Varese, è anche grazie a te.

L'ultimo saluto a Diego Cendaroni è previsto per martedì 1° giugno alle 16 presso la chiesa della parrocchia Santa Croce a Gazzada.