A un anno esatto dall'entrata in vigore della legge 34 del 2020, la cosiddetta 'Sanatoria Bellanova' per braccianti e colf, non si placa la protesta dei migranti e della rete di supporto (ribattezzata Info Sanatoria Piemonte, ndr), composta da diverse realtà associative, sindacali e informali torinesi. Il presidio è andato in scena ieri pomeriggio in piazza Castello; una delegazione è poi stata ricevuta in Prefettura.
Tempi biblici per permessi di soggiorno e richieste di asilo
Nel mirino dei manifestanti, in particolare, ci sono i tempi biblici per il rinnovo dei permessi di soggiorno, per le richieste di asilo e per gli eventuali ricorsi: “Questa situazione - ha spiegato Giulia di Info Sanatoria – riguarda, rispetto ad altre Questure, soprattutto Torino. Spesso, inoltre, a essere rilasciato non è il permesso vero e proprio ma una strisciolina di carte con un timbro; per quanto riguarda i ricorsi contro le decisioni della Commissione, invece, si deve aspettare almeno fino al 2025”. Sulla sanatoria, le problematiche sono ancora maggiori: “Le pratiche che hanno ricevuto una risposta – ha aggiunto – sono ancora pochissime, fatto che ha causato costi elevati sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Questa non è una risposta efficace per regolarizzare”.
Il caso di Tine
A testimoniare tutte le difficoltà del caso è Tine, da oltre 13 anni in Italia: “Per avere il permesso – ha raccontato – devo attendere almeno 6 mesi se non addirittura 1 anno, quando secondo la normativa dovrei avere un appuntamento entro 20 giorni. Siamo stanchi di questo sistema: a una persona che è in Italia da 10 anni, inoltre, non può essere dato un documento a breve scadenza quando negli altri paesi te ne garantiscono uno di lunga durata. Abbiamo bisogno di una sanatoria vera, senza permesso come possiamo vivere?”.
A questo si aggiungono gli immancabili problemi burocratici: “Mi sono visto rifiutare – ha proseguito - una richiesta di permesso di soggiorno dalla Questura, nonostante avessi con me sia il contratto a tempo indeterminato che la busta paga, perché il mio datore di lavoro non aveva comunicato al Centro per l'Impiego di Torino la mia assunzione. Con il ricorso, per avere un documento valido due anni ho dovuto pagare più di 600 euro”.
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