Figurano anche tre cuneesi tra le undici persone destinatarie di altrettanti provvedimenti di misura cautelare (6 arresti domiciliari e 5 obblighi di firma) eseguiti dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri di Pavia nell’ambito di un’indagine condotta sotto il coordinamento del procuratore aggiunto presso il tribunale della città lombarda Mario Venditti e del sostituto procuratore Paolo Mazza.
L’operazione – che partita nell’ottobre 2019 ha visto impegnati più di 200 militari portando a oltre 50 perquisizioni tra Lombardia, Piemonte, Liguria, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Sardegna e Lazio – si è rivolta a sgominare un’organizzazione che, dal 2012 a oggi, avrebbe frodato oltre 143 milioni di euro di contributi pubblici: incentivi per la produzione di energia elettrica erogati dal Gestore Servizi Elettrici e percepiti indebitamente dalla centrale a biomasse della Biolevano a Olevano Lomellina.
Gli arrestati – tra i quali figura il 56enne di Sommariva Perno Valerio Rosso, 56 anni, socio e amministratore di tre società che fornivano biomassa legnosa alla centrale, mentre due sue dipendenti, Sabrina Diato, 33 anni, di Bra, e Federica Leone, 40 anni, di Sanfrè, sono state sottoposte a obbligo di firma – sono accusati a vario titolo di avere falsamente certificato, mediante artifizi e raggiri, la provenienza del legname che, secondo quando previsto dalla normativa e ratificato tramite l’accordo stretti nel 2012 tra la società e il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, sarebbe dovuto essere tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto (non oltre 70 chilometri).
Per ogni milione di euro di energia venduta, la Biolevano percepiva dal Gestore dei Servizi Elettrici (Gse) oltre 3 milioni di euro di contributi, il massimo degli incentivi possibili.
Ma secondo gli inquirenti, l’impegno riguardante l’approvvigionamento del combustibile sarebbe rimasto presto sulla carta, poiché attraverso una fitta rete di complici i vertici della Biolevano avevano preso ad acquistare qualunque tipo di legname ovunque reperibile (a volte anche all’estero), purché al minor prezzo possibile.
Assicuratasi la materia prima a un prezzo nettamente inferiore ai propri concorrenti (dal 30% al 50% in meno), per far risultare il legname di provenienza locale e tracciato ai vertici della Biolevano era sufficiente falsificare i documenti di trasporto e le fatture.
Tra le centinaia di carichi attenzionati in fase di indagine i militari della Gdf hanno accertato come parte del legname “falsamente tracciato e a km zero” provenisse dalla Svizzera e come, molti degli autisti di biomassa viaggiassero con due documenti di trasporto: uno vero, con provenienza non incentivabile, che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto, e uno falso, redatto ad hoc, che veniva conservato agli atti per dimostrare agli ispettori del Ministero che tutto era regolare.
Il ruolo di principale promotore di tale frode lo avrebbe avuto un 72enne al quale si sono affiancati un 70enne, per la gestione amministrativa della centrale energetica, e un altro soggetto per quella commerciale.
Sul fronte dei fornitori di legname, le attività investigative hanno permesso di individuare, per gli anni che vanno dal 2012 al 2019, altri tre soggetti, amministratori di società che, in associazione tra loro e coi vertici della centrale elettrica, si sarebbero adoperati affinché la stessa potesse ottenere fraudolentemente il massimo contributo statale disponibile.
Le Fiamme Gialle hanno disposto il sequestro di 69 rapporti bancari, 22 quote societarie di altrettante società del gruppo del valore di circa 19 milioni di euro, 147 fra veicoli, immobili e terreni del valore di oltre 12 milioni di euro, tra cui un prestigioso appartamento nel cuore di Milano, una villa di pregio con piscina vista mare sita in Portobello di Gallura (Sassari) e una villa in collina sita in Galbiate (Lecco), oltre all’intera centrale elettrica del valore di circa 70 milioni.
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