La prima del Bullo (leggi QUI le pagelle e guarda QUI la fotogallery) è il tipico alito di vento contrario che soffia dopo gli uragani: lo senti, lo confondi, lo risenti, lo confondi. È lieve rispetto alla tempesta. C’è, non sposta, ma c’è.
La prima del Bullo è quella mappa che sovviene in tuo aiuto dopo che hai smarrito una strada che credevi di aver imparato a memoria: la studi e riparti a camminare.
La prima del Bullo è un equivoco che finisce, un incipit che chiarisce, un titolo che arriva prima del testo.
La prima del Bullo è in una corsa dentro il campo a dare un’indicazione, è un dialogo continuo con i suoi registi, per ora epigoni di un’arte che lui ha interpretato con maestria per 20 anni, è qualche disappunto boffonchiato tra sé e sé, è un cinque non lesinato a nessuno al ritorno in panchina.
La prima del Bullo è qualche appunto tecnico a un’enciclopedia scritta in anni di lavoro: la palla più in mano a Ruzzier, pick and roll più frequenti, meno “prigionieri” dei e nei giochi. Sono solo pennellate, leggere: a volte non sai nemmeno se sono vere o sono i tuoi occhi ad averle immaginate con la complicità di un cervello che cerca discontinuità anche dopo non può trovarla. Il quadro, però, è ancora di un altro pittore.
La prima del Bullo è giocare a farne uno più degli avversari. Divertente, certo. Pericoloso, pure. 102 punti segnati, percentuali di rilievo (70% da due e 44% da tre), gran ritmo, soluzioni variegate e uno show individuale (quello di Scola: 27 punti in totale, 15 pressoché consecutivi nel terzo quarto) che - stavolta - si va a integrare senza sbavature nel contorno delle prestazioni di tanti compagni: quelle di un Douglas finalmente preciso e misurato, di uno Strautins alzatosi dalla parte giusta del letto, di un Morse reattivo e di un capitan Ferrero che brilla nel momento del bisogno (assenza di Andersson).
La prima del Bullo è una difesa che ha più voglia rispetto a Milano e Cantù, ma sbaglia molto. Troppo. Di concetto e di automatismi, più che (stavolta) di foga e perseveranza. I 100 punti subiti parlano da soli, ma lo fanno anche i 14 di un ultimo quarto in crescendo. Decisivi: tre in più (nemmeno i 30 subiti dopo il riposo…) e staremmo parlando di un’altra storia. Di una sconfitta. Con buona pace dei pop corn.
La prima del Bullo è allora un monito: l’attacco ti spella le mani, la difesa ti fa vincere le gare.
La prima del Bullo è una vittoria contro un avversario che fra due settimane sarà diverso: avrà i lunghi titolari, avrà più benzina nel motore delle sue stelle, avrà la fame dei due punti. Ma è anche una vittoria che rivela che con questo stesso avversario forse ce la si potrà sempre giocare: non è un’indicazione da poco.
La prima del Bullo è una beffa evitata. Meno male: ne avevamo anche un po’ piene le tasche di essere mazziati da Brescia sempre allo stesso modo, sempre all’ultimo, sempre di rincorsa.
La prima del Bullo è solo un inizio: lo sanno tutti, lui per primo. Sospeso tra presente, passato e soprattutto futuro.
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