Il Nazionale

Cronaca | 08 settembre 2020, 12:16

Si impicca perché non può pagare i debiti: gli usurai chiedono i soldi al figlio dopo il funerale [VIDEO]

Un particolare emerso durante la maxi operazione dei carabinieri, che ha portato all'arresto di 17 persone

Si impicca perché non può pagare i debiti: gli usurai chiedono i soldi al figlio dopo il funerale [VIDEO]

Egidio Calafiore, imprenditore di 69 anni di San Benigno Canavese, si è impiccato nella sua ditta di trasporti il 22 agosto 2018 perché non riusciva più a pagare i debiti agli usurai a cui aveva chiesto aiuto.

I tassi fino al 94 per cento erano diventati insostenibili, soprattutto dopo la perdita di un appalto con una grossa catena di supermercati. Eppure un giorno prima la vittima, in preda allo sconforto, aveva trovato il coraggio di denunciare la situazione ai carabinieri di Volpiano, ma forse per paura di subire ritorsioni aveva deciso di togliersi la vita. Un gesto che non ha impietosito gli usurai, che qualche giorno dopo il funerale si sono recati dal figlio battendo cassa, costringendolo a cedere agli aguzzini l'intera tredicesima della moglie.

E' quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri di Torino, che stamattina hanno portato all'arresto di 17 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di concorso in usura, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacente, porto abusivo d’arma da fuoco, riciclaggio e traffico internazionale di autovetture rubate. "Non parliamo di grandi cifre - spiega il procuratore capo di Ivrea Giuseppe Ferrando - ma la vittima non potendo più chiedere prestiti alle banche perché debitore con Equitalia ha scelto di rivolgersi agli usurai. In casi simili diciamo sempre di denunciare, è vero che si firma un verbale ma é segreto e garantisce la riservatezza".

Il comandante provinciale dei carabinieri di Torino, Francesco Rizzo ha aggiunto che "le investigazioni hanno evidenziato una stretta interconnessione tra l'attività usuraria e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Infatti i proventi del mercato della droga vengono a volte reinvestiti per prestare denaro a tassi illeciti e, viceversa, i guadagni di usura utilizzati anche per l'acquisto di nuovo stupefacente".

In particolare, grazie alle intercettazioni, gli inquirenti sono riusciti a risalire a un traffico di droga destinata alla piazza di Settimo Torinese, che ha coinvolto i fratelli Francesco e Antonio Barbaro, entrambi legati alla 'ndrangheta. 

Intanto, dalla Regione, è arrivato un messaggio di riconoscenza agli inquirenti.  "La notizia di stamattina, della brillante operazione dei Carabinieri che ha portato alla scoperta di una organizzazione di usurai, ha evidenziato ancora una volta il terribile connubio tra usura, droga e criminalità organizzata", hanno scritto i componenti dell’Udp delegati all’Osservatorio sul fenomeno dell’Usura presso il Consiglio regionale. "Con la crisi dovuta al Coronavirus, la Mafia per l’ennesima volta arriva prima dello Stato per aiutare la gente con 'soldi facili' e aumentando così il proprio consenso tra i cittadini - ha poi affermato il consigliere segretario Gianluca Gavazza, delegato all’Osservatorio sul fenomeno dell’Usura presso il Consiglio regionale - In questa situazione di crisi gli imprenditori, anziché fallire, si rivolgono in ultima razio agli usurai che 'a garanzia' mettono la vita del debitore".

L'assessore alla Sicurezza della Regione Piemonte, Fabrizio Ricca, ha invece aggiunto: "Non si può che ringraziare l’Arma dei Carabinieri che con le sue indagini ha sgominato e assicurato alla giustizia una pericolosissima banda di spacciatori di cocaina che, operando nella cintura torinese, reinvestiva i proventi della droga nell’attività di usura. Una organizzazione criminale che prendeva di mira gli imprenditori locali colpiti dalla crisi o da momenti di difficoltà economica e li soggiogava imponendo tassi di restituzione dei prestiti da usurai. Uno degli imprenditori colpito dalla banda ha persino deciso di togliersi la vita, sopraffatto dalla situazione. Individui del genere, sospettati di essere criminali pericolosi, sono un danno per il nostro tessuto sociale e economico".

"Se oggi questa realtà delinquenziale non è più attiva lo dobbiamo ai Carabinieri".

Marco Panzarella

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