Nella Torino che prova a superare i campi nomadi, non mancano le polemiche per la conduzione di un processo ritenuto universalmente difficile da gestire.
Oggi, di fatto, il più grande insediamento della città, quello di via Germagnano, non esiste più: dopo un percorso fatto di progetti e incentivi, ma anche di ruspe e interventi di pulizia, in quello che era il campo nomadi più popolato di Torino non vi è anima viva. Una scena analoga a quanto già accaduto in corso Tazzoli. Questo non significa che gli occupanti si siano volatilizzati nel nulla, anzi. Come reso noto dall’assessore alle Politiche Sociali Sonia Schellino, infatti, si è presto passati dalle 650 persone presenti nel febbraio del 2019 sino alle 212 del 7 luglio 2020.
Nel giorno dello sgombero del 24 agosto, però, ben 24 persone dopo aver beneficiato dell’incentivo economico si sono solamente spostate di qualche metro, dando vita a un nuovo insediamento abusivo su un terreno privato di via Reiss Romoli 160 dove già erano presenti altri 45 rumeni. Una beffa per il Comune di Torino, che dopo aver ricevuto la querela del proprietario, denuncerà gli occupanti.
Molto critico, in tal senso, l’assessore alla Sicurezza della Regione Piemonte, Fabrizio Ricca: “La via dell’assistenzialismo svincolato da obblighi pressanti e oggettivi, che si è concretizzato in incentivi per l’allontanamento volontario dall’area che variano tra i mille e i 400 euro, ha portato sì a un attuale superamento del campo di via Germagnano ma ha distribuito nel resto della città un discreto numero di ex occupanti che, dopo aver preso i soldi previsti per trovare una abitazione regolare o tornare nel proprio Paese di origine, hanno deciso di continuare a vivere nell’abusivismo. Alcuni trasferendosi in piazza D’Armi, altri, di più, occupando terreni privati”.
“Quello che ci chiediamo - ha continuato Ricca - è se quanto accaduto non fosse ipotizzabile visti i tanti esperimenti del passato che avevano portato al medesimo risultato. Come Regione continuano a sostenere che un confronto tra istituzioni avrebbe portato a soluzioni durature e più convincenti per tutta la popolazione e avrebbe garantito una collaborazione anche sul piano degli investimenti”.
Chi difende il progetto speciale che ha permesso di superare il campo nomadi di via Gemagnano è Sonia Schellino: “ Nel breve periodo si è raggiunto l’obiettivo della riappropriazione da parte della Città dei terreni liberi da costruzioni abusive e rifiuti dopo circa vent’anni. Tali terreni potranno ora essere oggetto di progetti per verde e il tempo libero rivolti a tutti i cittadini; la scomparsa di un crocevia di illegalità e degli incendi nocivi che per anni hanno funestato il quartiere limitrofo”.
Diametralmente opposto il pensiero di Stefano Lo Russo, capogruppo del Partito Democratico: “Sarebbe utile meno propaganda e più attenzione alla fase progettuale. I 24 nomadi di via Reiss Romoli oggi occupano un terreno privato dopo aver preso il sussidio”.
“Il problema non si risolve chiudendo un campo. E’ un continuo piazzarsi, raccogliere le lamentale dei cittadini, mandare i vigili a sgomberare e assistere al successivo spostamento” ha concluso Lo Russo.
Capitolo ambiente: l’assessore all’Ambiente del Comune di Torino, Alberto Unia, ha rivendicato il successo del percorso che ha portato al superamento del campo di via Germagnano: “Per oltre 20 anni in quell’area si è respirato davvero male, la decrescita degli interventi dei vigili del fuoco dal punto di vista ambientale è un risultato importante”.
L’assessore, infatti, ha raccontato come in via Germagnano si sia passati dagli 81 interventi del 2015 agli appena 4 del 2019 e ai 2 del 2020. Insomma, una riduzione sensibile dei roghi. Unia ha poi ribadito come l’impegno del Comune per superare il campo nomadi sia stato ingente e costoso: poco meno 1,2 milioni di euro la cifra spesa tra rimozione rifiuti e demolizione delle baracche presenti nei diversi lotti del campo. La cifra totale spesa per via Germagnano e corso Tazzoli ammonta a quasi 3 milioni di euro, 2.971.000 per la precisione.
Dure le parole della sindaca Chiara Appendino: “Quello spazio lì era indegno per chi ci viveva, per il quartiere e per la città. Era il simbolo di ciò che non doveva esistere”. “Oggi quel campo non c’è più, non solo nella parte autorizzata. Potevamo lasciare queste persone lì, ghettizzate e invece - ha proseguito la sindaca - abbiamo scelto di fare diversamente. Può succedere che qualcuno non abbia rispettato il patto, ma la Città continuerà a impegnarsi a monitorare l’impegno di quel patto, intervenendo per farlo rispettare”.
Appendino ha poi rivolto uno sguardo al futuro: “Ci sono altri interventi da fare - strada dell’Aeroporto per esempio - e l’azione non è finita. Ora ci occuperemo del monitoraggio e abbiamo già stanziato risorse a bilancio per la bonifica e la pianificazione di quell’area”.
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