Una grande parentesi. Dentro la quale infilare un po’ tutto in questo primo ritorno al basket, ovvero all’amore e un po’ anche alla vita: un trofeo che non è un trofeo, un avversario che non è un avversario, uno spettacolo che non è uno spettacolo e una squadra che non è (ancora) una squadra.
Ci serviamo subito: (bentornata Varese!). E bentornato basket, ciliegina sulla torta nell’esistenza di prima, scampolo di incerta normalità in quella di adesso. Nella cattedrale di Masnago aperta a 125 cristiani (magari nemmeno tutti tali… clicca QUI per le pagelle e QUI per la fotogallery della partita) non bastano gli striscioni generosamente e amorevolmente posati sui sedili vuoti da chi è restato fuori (i tifosi: quell’anima pulsante che è Il Basket Siamo Noi e poi gli Arditi) a riaprire davvero la porta di casa. Come non basta la grande bandiera argentina affissa in Curva Sud a dare il benvenuto a un giocatore per il quale ci si sarebbe spellati le mani dalla presentazione alla sirena… Senza il pubblico a farti compagnia, è come se andassi ad assistere a un’esibizione di egregio lavoro: dei giocatori in campo, delle società fuori. È come essere davanti a una catena di montaggio nello stabilimento Fiat di Mirafiori, solo che il tutto arriva agli occhi un bel po’ più divertente e un bel po’ meno ripetitivo. Ma con la retorica del mondo che non c’è (non c’è più? Non c’è ancora?) ci fermiamo qui: tanto cambia zero.
Meglio ottemperare al dovere di cronaca insito nell’opportunità di varcare quelle porte rimaste chiuse ai più. E raccontare brevemente di un’amichevole travestita da trofeo (perché questo è la Supercoppa: meglio non dimenticarlo) che ha visto una squadra, Milano, necessariamente dominare sull’altra, Varese.
Anche qui, via alla parentesi: la compagine di Messina non sarà mai un vero avversario per quella di Caja, ma non lo può essere soprattutto oggi, perché alla differenza di talento e profondità, enorme, aggiunge quella di preparazione. Datome e compagni lavorano da quasi un mese a ranghi completi: si vede. Ed è risultato abbastanza impressionante ammirare il feeling già esistente tra le intercambiabili punte di una stella che per i livelli italici appare fin troppo lucente: la classe infinita di Datome, il prurito nelle mani di Punter e Delaney, la fisicità di Moraschini, la sostanza di Hines sono eccellenze che già hanno imparato a guardarsi (forse addirittura troppo presto?) e che sanno di poter essere sostituite da altrettante eccellenze (tanto per scrivere, oggi sono rimasti fuori il Chacho Rodriguez, Micov e Tarczewski…).
Se poi il tutto viene condito dal 64% da tre su 25 tentativi, a punire sistematicamente e con grande naturalezza ogni tipo di necessaria scelta compiuta dalla difesa di casa, beh… forse le parentesi non sono nemmeno abbastanza. E 110 punti segnati sono fin pochi…
In tutto questo i nuovi e vecchi ragazzi di un Attilio Caja più compassato del solito, ma come sempre attento a ogni virgola svolazzante nell’aria intorno a lui, sono stati bravi in particolare a “fare” la loro gara, senza curarsi più di tanto del progressivo gap nel punteggio e dei killer marziani che volteggiavano davanti a loro trafiggendoli di pallottole come nelle scene più cruente del Padrino parte I e II.
In questo “disinteresse” verso l’altrui destino, tipico appunto delle amichevoli, qualcosa di interessante si è visto. E da qui proviamo a partire. Si sono visti i movimenti sopraffini e goduriosi sotto canestro di un giocatore straordinario e già trascinante: Luis Scola è un leader (sai che novità…) e Varese proverà a giocare per lui (e questa un po’ una primizia lo è, dopo anni di un sistema nel quale nessun elemento spiccava sull’altro). Se il buongiorno si vede dal mattino, l’eleganza applicata al post basso dell’argentino sa ancora essere proficua, determinante e addirittura condizionante: un sole che sta al centro dell’universo. E al sole ci si deve adeguare.
Gli altri pianeti? Lavori in corso. Il cartello lo appendiamo al collo di quasi tutti: da chi ha ancora il timore nei garretti (Ruzzier), a chi è appena sbarcato sul pianeta Caja (Douglas, la teorica seconda “punta” della squadra), a chi - a oggi - appare poco più di un oggetto misterioso (Andersson e in parte anche Strautins). Le note a margine sono i “nonni” Ferrero (auguri capitano!) e Jakovics, già consapevoli e in buona forma, e il volto convinto di Anthony Morse, forse grezzo come un tessuto che non passerà mai dalla plissettatura, ma di sicuro anche energico, opportunista e volenteroso (11 punti e sei rimbalzi).
È lui a prendersi la scena, dietro Re Luis e i suoi 21 cioccolatini prelibati. Sugli altri singoli e sulla squadra il giudizio è sospeso, oltre che tra parentesi. Sospeso in attesa che il tempo scavi la roccia con le sue gocce, gli avversari diventino più umani e le amichevoli (anche quelle travestite) ritornino match veri.
OPENJOBMETIS VARESE – EA7 MILANO 77-110
(16-32, 25-27, 19-33, 17-18)
VARESE: Ruzzier 5 (1-3, 0-1), Jakovics 10 (2-2, 1-4), Strautins 9 (2-5, 1-5), Andersson 2 (1-1), Scola 21 (8-13, 1-3); Morse 11 (2-4), De Nicolao, De Vico 4 (2-2, 0-2), Ferrero 6 (0-5, 2-4), Douglas 9 (2-3, 1-4). Ne: Librizzi, Van Velsen. All. Caja.
MILANO: Delaney 13 (2-3, 2-4), Punter 19 (2-4, 4-7), Shields 10 (4-7, 0-2), Brooks 3 (0-1, 1-2), Hines 6 (3-6); LeDay 10 (2-6), Moretti 6 (2-2 da 3), Moraschini 17 (2-3 da 3), Roll 12 (0-1, 4-5), Cinciarini 2 (0-1 da 3), Datome 12 (2-2, 2-2). Ne: Biligha. All. Messina.
ARBITRI: Vicino, Bongiorni, Galasso.
NOTE. Da 2: V 20-38, M 15-30. Da 3: V 6-23, M 17-28. Tl: V 19-24, M 29-30. Rimbalzi: V 31 (13 off., Morse, Andersson 6), M 32 (8 off., LeDay 7). Assist: V 16 (De Nicolao, Ruzzier 3), M 22 (Delaney, Hines 4). Perse: V 18 (De Nicolao 4), M 12 (LeDay 7). Recuperate: V 8 (Scola, Andersson, Douglas 2), M 11 (Punter, Delaney 3). Usciti per 5 falli: Moretti.
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