“Sono sconvolto, non so più cosa pensare. Mi creda questi sono i giorni più brutti della mia vita”.
Parla con un filo di voce, Massimo Borrelli, l’assessore del Comune di Bra, caduto nella rete delle indagini che hanno messo in evidenza un’organizzazione molto ben ramificata e articolata di stampo ‘ndranghetistico nella città di Bra. Un'operazione, quella coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, che ha portato all’arresto di dodici persone e alla sua iscrizione nel registro degli indagati con un’accusa che si può sintetizzare come “voto di scambio”.
Come spiega il suo avvocato, Stefano Campanello di Alba, “siamo ancora in una fase embrionale, per cui il mio cliente, al contrario di altri indagati, non ha ancora ricevuto delle contestazioni precise. Dalle indagini sono emersi alcuni episodi finiti sotto la lente degli inquirenti e ora valuteremo la posizione da assumere”.
“Massimo Borrelli è sconvolto ed esterrefatto per quello che gli è accaduto - prosegue l’avvocato albese -, ma confidiamo di poter dimostrare ai magistrati la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono imputati. Il solo fatto di essere stato accostato e collegato alla criminalità organizzata, lascia allibito il mio cliente. Comunque faremo le nostre valutazioni”.
Ma quali sono le condotte dell’assessore Borrelli che hanno portato gli inquirenti a formulare le loro accuse?
Principalmente uno, ossia il fatto che si sia attivato per trovare un lavoro di pubblica utilità a Salvatore Luppino - arrestato nell’operazione di ieri, con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di droga - che in quel momento si trovava in carcere e sperava di poter fare il fine pena in libertà, grazie proprio a una attività lavorativa. Poi però la cosa non va a buon fine.
Gli investigatori sottolineano che Salvatore Luppino - che più volte si vanta di essere stato fortunato per aver trovato un giudice che lo capisce e gli dà dei permessi premio per uscire dal carcere - e Massimo Borrelli erano in confidenza e parlavano con familiarità, usando toni amichevoli anche con il figlio di Salvatore, Anthony Luppino.
Spiegano gli inquirenti: “Il gruppo criminale capeggiato da Luppino Salvatore è in grado di procurare voti ai candidati a lui graditi e intrattenere rapporti privilegiati con esponenti politici di primo piano dell'amministrazione comunale di Bra in pieno stile mafioso”.
L’arrestato dice di poter controllare un pacchetto di 150 voti che faceva gola a molti esponenti politici.
“Che il Borrelli avesse un rapporto diretto e confidenziale con la famiglia Luppino”, viene sottolineato dalle indagini “si desume con chiarezza dal dialogo che a gennaio del 2017 Borrelli fa con Anthony Luppino figlio di Salvatore”. Borrelli, allora vicesindaco nella Giunta guidata da Bruna Sibille, spiegava di essersi messo in contatto col canile comunale per trovare un lavoro a persone che stavano finendo la loro pena in carcere, come appunto è in quel momento Luppino. “Il tenore della conversazione è confidenziale - notano gli investigatori - i due si danno del tu” e questo si collega o, per dirla come gli investigatori, “si salda con il colloquio avuto di persona con Luchino Salvatore ed aver ottenuto la promessa di voti in cambio di favori”.
Borrelli, quindi, sempre secondo gli inquirenti “si attiva per cercare di reperire l'attività lavorativa presso il canile comunale fornendo al figlio dell'esponente mafioso il numero di telefono della persona con cui mettersi in contatto”. E infatti il giorno dopo Anthony chiama il canile per accordarsi per la procedura da seguire per l'assunzione. Il lavoro però non verrà assegnato a Luppino per alcuni problemi sollevati dall’assistente sociale che lo seguiva.
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