Hanno scritto al Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, alla sindaca di Torino Chiara Appendino, ai presidenti del Consiglio Regionale e Comunale. Ma soprattutto si sono dati appuntamento questa mattina in via Taggia, per manifestare contro la Regione e le sue "inerzia e mutismo".
Sono i rappresentanti della UTIM (Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva), che vuole accendere i riflettori, in questa Fase 2 (o 3) su alcuni di quei luoghi che - al pari delle scuole - a ripartire fanno molta fatica. "Serve subito un piano per far riaprire alle Asl i centri diurni per le persone con disabilità intellettiva: sono essenziali per aiutare le famiglie a mantenere i congiunti nel proprio nucleo famigliare e per i loro figli, che devono tornare a svolgere attività e avere occasioni di socialità e amicizia".
"Chiediamo tempi certi - commenta Vincenzo Bozza, presidente di Utim - così come per tutte le altre attività: date, orizzonti temporali, scadenze. Non si capisce perché siano stati fissati per tutti, ma non per i centri diurni. Per i nostri ragazzi non c'è futuro".
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La chiusura dei Centri diurni ha infatti messo in difficoltà le famiglie, che hanno dovuto sobbarcarsi la cura e l'accudimento dei loro congiunti con disabilità spesso in totale solitudine. "E' ora di riaprire i centri diurni - dicono i manifestanti -, attivando ovviamente le disposizioni per garantire la sicurezza del servizio, ma senza ritardi ulteriori. E' necessario far fronte al carico che oggi pesa quasi esclusivamente sulle famiglie. Ci sono problemi di sovraffollamento? Ci sono anche le soluzioni".
La Regione Piemonte e le Asl - prosegue la proposta di chi si è dato appuntamento questa mattina in via Taggia - possono predisporre da subito gli interventi aggiuntivi alle ore di frequenza del Centro diurno, che la persona con disabilità non potrà frequentare a tempo pieno per problemi di sicurezza: il Progetto individualizzato potrà prevedere – oltre alla frequenza del Centro - per raggiungere il tempo pieno - prestazioni domiciliari, preferibilmente fornite dagli stessi Gestori del Centro diurno, affidi familiari (prosecuzione di quelli già attivati o nuove proposte), attività esterne individualizzate o a piccoli gruppi. "Non bisogna mai dimenticare che le tragedie familiari succedono perchè non bastano le telefonate e le pacche sulle spalle per dare sollievo ai congiunti delle persone con limitatissima o nessuna autonomia".
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