Il Nazionale

Cronaca | 30 aprile 2020, 11:17

Coronavirus: “Io, trapiantata e col cancro, ho aspettato il tampone per quasi 2 mesi”

Prima i sintomi del coronavirus, poi la chiamata al 112 il 15 marzo. Da lì la lunga attesa di M.M. una donna di Lumarzo che il 29 aprile è riuscita ad avere l'esito del tampone. Ma non senza difficoltà

Coronavirus: “Io, trapiantata e col cancro, ho aspettato il tampone per quasi 2 mesi”

Quando la contattiamo per farci raccontare la sua storia in questa emergenza da Coronavirus, dice che è davanti al computer, perché è il giorno tanto atteso, quello dell’esito del tampone. Che si può sapere tramite il sito della Regione Liguria alla voce “referti online”. Ma c’è un intoppo: non riesce a entrare nel sistema. Ha i dati d’accesso, ma niente, digita e ridigita username e password per il login, ma dà sempre errore. E allora chiama la dottoressa che l’ha seguita ogni giorno, sperando che almeno lei riesca nell’impresa.

E quindi, nell’attesa che il medico ne venga a capo, M.M. racconta la propria esperienza col Covid-19, ma soprattutto col sistema sanitario. Perché lei, che vive sola a Lumarzo, non solo fa parte della schiera degli over 65 – e quindi già di per sé è anagraficamente a rischio –, ma soprattutto ha subìto un trapianto di fegato alcuni anni fa ed è in cura per un cancro. Quindi immunodepressa. E quindi bisognosa di particolari attenzioni.

Si può immaginare, allora, quale ansia possa aver provato percependo i sintomi del Coronavirus, tra tosse e febbre. Da qui la prima chiamata, il 15 marzo, prima al 1500 e poi al 112, che risponde dicendo che, rientrando tra le persone a rischio, avrebbe ricevuto il tampone.

Ma quando? Il tempo passa, lei continua a stare male, tanto che decide di contattare non solo il medico di famiglia, ma anche la guardia medica. Ed è così che a rispondere a M.M. è una dottoressa, che decide di seguirla costantemente: “Mi chiamava ogni giorno, anche di domenica sera, per sapere come stavo, se avevo la febbre e per contare i miei respiri. È una persona molto scrupolosa”, al punto da sollecitare anche lei, tramite mail e telefonate, il tampone. Che continua a non arrivare insieme a nessuna risposta.

Siamo a prima di Pasqua quando finalmente: “mi hanno chiamato per dirmi che sarebbero venuti”. Ma passa anche il giorno di festa, e mentre “inizio a stare meglio, mi prendono dei dolori fortissimi agli arti, tanto da non riuscire a muovermi, per cui chiamo di nuovo, sentendomi dire che mi avrebbero fatto sapere”. E così fa anche il medico di base, che richiede il tampone attraverso il sistema del "Drive Through".

Ormai, però, è passato più di un mese dai sintomi: troppo tempo per chiunque, a maggior ragione per un soggetto a rischio, controllato da una dottoressa coscienziosa, ma non dal sistema sanitario preposto.

Il 23 aprile, finalmente, M.M. riceve la chiamata tanto attesa: “Ma siccome sto meglio, mi dicono che allora il tampone non me lo fanno più, perché il Gsat va solo da chi ha febbre e respiro affannoso. Ma io per coscienza, per essere sicura di poter uscire senza più contagiare nessuno, volevo fare l’esame”.

E succede, invece, che il giorno dopo viene contattata dall’ufficio di Alisa che si occupa del “Drive Through” per presentarsi a fare il tampone alla Fiera del Mare.

Dunque non sono bastati quasi due mesi d’attesa, con tutta l’ansia conseguente, soprattutto per una paziente come lei, ma il giorno dell’esito, mercoledì 29 aprile, M.M. si trova anche nell’impossibilità di conoscerlo. E non perché l’abbiano perso – come già accaduto in altri casi – ma perché qualcosa nel sistema digitale non va. E così è occorsa mezza giornata – che a M.M. sarà sembrata un’eternità – per sapere che è negativa. E questo ancora una volta grazie alla giovane dottoressa della guardia medica, che si è prodigata di nuovo. L’alternativa sarebbe stata quella di attendere ancora fino al 4 maggio e recarsi di persona alla Fiera del Mare, dove avrebbe ricevuto il documento cartaceo.

E questo è solo uno dei tantissimi casi di persone malate, che avevano tutti i sintomi del virus, ma che la malattia se la sono fatta a casa, senza assistenza diretta e attendendo invano il tampone. E che poi sono uscite senza la garanzia di essere a tutti gli effetti negative.

Medea Garrone

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