C’è un dramma silenzioso che, alimentato dall’emergenza Coronavirus, si aggrava giorno dopo giorno: la violenza sulle donne. Con migliaia di torinesi “rinchiusi” in casa, sono sempre meno le persone che denunciano di aver subito violenze di genere, dovendo forzatamente convivere con il maltrattante 24 ore su 24.
L’allarme viene sollevato dalla commissione consiliare diritti e pari opportunità del Comune di Torino. I dati rivelati dal Telefono Rosa, di fatto, fotografano una situazione allarmante: nel periodo compreso tra il 2 e il 28 marzo le chiamate delle donne si sono ridotte del 53%. Questo non significa che siano calate le violenze, anzi: semplicemente, vista la continua presenza del maltrattante in casa, trovare lo spazio per denunciare gli abusi e i comportamenti violenti diventa sempre più difficile.
Per le donne, soprattutto in questo periodo di restrizioni dovute al contenimento del Covid-19, i problemi sono aumentati notevolmente: non solo è più difficile denunciare, ma il divieto per gli operatori di accompagnare le vittime di violenza in ospedale, le scoraggia a recarsi al pronto soccorso. Anche in casa rifugio, struttura che ospita le donne che hanno subito violenze, i nuovi ingressi vengono accolti con difficoltà dagli ospiti già presenti, proprio per l’impossibilità di conoscere lo stato di salute delle persone che chiedono aiuto.
Un calvario non da poco, che si va ad aggiungere alle violenze già subite all’interno del domicilio. Quali soluzioni dunque, per permettere alle donne di riuscire a denunciare e a sfuggire all’oppressione di un compagno violento? Le soluzioni prese in considerazione sono tante e vanno da un maggior attenzione del vicinato a un maggior ricorso alla tecnologia e alle app, sino a un coinvolgimento delle farmacie comunali.
Una delle idee, suggerite dalla consigliera del Partito Democratico Chiara Foglietta, è infatti quella di inventare una sorta di parola segreta da riferire al farmacista in caso di necessità. Una richiesta di aiuto criptata, per sfuggire dalla violenza. “A Londra, quando i ragazzi incappano in un appuntamento o incontro poco gradevole, si riferisce una parola chiave al barman che chiama un taxi e permette alla persona di allontanarsi in sicurezza. Sarebbe il caso di estendere l’iniziativa alle farmacie comunali” spiega la consigliera. Di fatto, in Spagna è già così. Basta infatti recarsi in farmacia e proferire la parola “Mascherina 19” per far scattare la procedura di allarme e di soccorso.
Perché proprio una farmacia? Perché in un momento come quello contraddistinto dal Coroanvirus, le farmacie sono luoghi ancora facilmente accessibili per una donna che si reca per acquistare un medicinale o accedere a una terapia. Una delle poche evasioni possibili dal controllo dell’uomo violento. Da qui l’idea di avviare l’iniziativa anche sul territorio torinese. Non sarà facile organizzare la rete, far partire una campagna informativa e formare i farmacisti: si tratta di una corsa contro il tempo per dare alle donne vittime di violenze un servizio in un periodo ancor più complicato a causa dell’emergenza Coronavirus. Ovviamente, come spiegato dalla stessa Foglietta, la campagna potrebbe essere estesa anche ad altri esercizi o servizi: "La Città, le associazioni, le Case del quartiere, la Protezione civile, i servizi di delivery: chiunque distribuisca pasti e medicine venga dotato di brochure informative in modo che l'informazione sia il più capillare possibile".
Stesso fine ma proposta differente quella della consigliera Federica Scanderebech: “Il modo più efficace che individuo è quello di riattivare la campagna di pubblicizzazione del numero verde 1522 contro la violenza sulle donne attraverso i sacchetti del pane. Si potrebbe nuovamente riattivare la campagna diffondendo alle panetterie della città, ma anche ai mercati torinesi, i sacchetti con il numero verde contro le violenze e l’indicazione dei servizi attualmente ancora attivi. Per questo motivo sto depositando oggi questa mozione che chiede al Comune di non abbassare la guardia ed attivare la diffusione dei sacchetti il prima possibile; essendo oggi questo l’unico modo di venire a contatto con un’ampia fascia di popolazione in cui si può solo interagire nelle attività di approvvigionamento dei beni di prima necessità”.
Il messaggio che si leva da Torino è però forte e chiaro: nonostante le difficoltà, la volontà è quella di non lasciare indietro nessuno, di non girarsi dall’altra parte quando avviene una violenza di genere. Il primo presidio, soprattutto ora che la maggior parte della popolazione è chiusa nelle proprie abitazioni, rimane però il vicino di casa: “Si sensibilizzino i vicini. Ancor di più oggi, tutti quanti sentiamo cosa accade nell’appartamento di fianco. Se è in corso una violenza, abbiamo il dovere di farlo presente alle autorità o a chiedere alla persona se ha bisogno di aiuto” è l’appello lanciato da Loredana Borinato, coordinatore tutela fasce deboli del nucleo prossimità della polizia municipale.
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