"Esistono problemi più grandi". Questa è la risposta che abbiamo ricevuto da almeno un terzo degli abitanti di Mondovì da noi intercettati (senza tuttavia ottenere l'autorizzazione a riprenderli con l'ausilio della videocamera) quando abbiamo domandato loro di fornirci un'opinione in merito al gravissimo gesto antisemita verificatosi nella loro città nella notte a cavallo fra giovedì 23 e venerdì 24 gennaio.
Un'indifferenza che chi scrive non si sente certo in diritto di condannare, nel pieno rispetto delle opinioni altrui, ma neppure in dovere di condividere, considerati gli affatto piacevoli "rigurgiti" (per mutuare un'espressione utilizzata dal sindaco, Paolo Adriano), di cui questo episodio potrebbe incarnare un pericoloso incipit.
In sintesi: sulla porta d'ingresso della storica abitazione della compianta partigiana Lidia Rolfi e oggi occupata dal figlio Aldo, è stata vergata una scritta ignobile. "Juden hier", "Ebrei qui". La stessa, per rendere meglio l'idea, utilizzata nel Novecento da vicini di casa o commercianti invidiosi per agevolare la Gestapo nelle operazioni di ricerca delle famiglie di origine ebraica.
Le indagini sono in corso e la speranza unanime è che possano condurre quanto prima all'individuazione del colpevole. Intanto, alle 20 di lunedì 27 gennaio, Giorno della Memoria, il Comune di Mondovì ha indetto una fiaccolata aperta a tutti per dire "no" all'antisemitismo e alle derive di matrice razzista.
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