I problemi recenti alla rete autostradale quest’anno non hanno certo aiutato, ma i volontari dell’Associazione Amici del Museo di Masone non si sono persi d’animo e ancora per due settimane, sino a domenica 9 febbraio, propongono la visita del loro presepe meccanizzato, delle mostre a esso connesse e delle collezioni permanenti di una delle realtà culturali più importanti e decisamente da scoprire della Valle Stura.
In questo complesso, che merita veramente una gita fuori porta e che ospita un’importante testimonianza legata all’arte del ferro e alla sua lavorazione, ogni anno l’allestimento della Natività diventa sempre più bello, grazie all’instancabile e prezioso lavoro dell’Associazione, in particolare dei fratelli Gianni e Tomaso Ottonello, vere colonne portanti di un gruppo che conta innumerevoli e meritevoli appassionati e volontari.
Il Presepe Meccanizzato di Masone è stato inaugurato a dicembre e, come si diceva, resterà allestito sino al prossimo 9 febbraio, con orari di visita ogni sabato e domenica dalle 15,30 alle 18,30, mentre per altri orari e visite infrasettimanali si può prendere contatto con il numero telefonico 347 1496802, oppure scrivendo alla mail museomasone@gmail.com.
Per questa edizione 2019/2020, l’ambientazione è negli anni Trenta del Novecento: “Quella di quest’anno - afferma Gianni Ottonello - è la diciassettesima edizione, e, come ormai consuetudine, ci troveremo a visitare Masone intorno agli anni 1930. Le animazioni e i movimenti meccanizzati riportano alla memoria i vecchi mestieri e le vecchie usanze: la fucina, il maglio, i boscaioli, i contadini, i falegnami e il fumo dei camini animano la rappresentazione. Naturalmente, come ogni anno, c’è da scoprire qualche parte nuova che, inserita nel contesto tradizionale del presepe, porterà nuovi stupori al visitatore. Un’occasione unica per tornare bambini con i bambini. Si entra nel presepe come tante figurine, ma poi si esce ricchi di felicità”.
L’ingresso è libero per tutti i visitatori. Ad arricchire la proposta culturale, anche stavolta gli Amici del Museo di Masone hanno aggiunto un paio di mostre: la personale del pittore Federico Palerma e l’esposizione di fotografie realizzate da Carlo Minotti e intitolata ‘Reportage’, con le belle ‘Immagini e fantasie dal trenino rosso del Bernina’ e ‘I colori di Praga’.
Palerma nasce a Genova nel 1963. Si diploma all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, vive e lavora a Genova, dove insegna Pittura all’Accademia Ligustica. Ha esposto sia nel capoluogo ligure, che in altre città italiane e in molte città europee. Tra le ultime uscite, nel 2019 è al Museo della Commenda di Genova con la personale ‘La materia e il gesto’, presso lo Hyunnart Studio di Roma con la personale ‘Flussi’ e a Framura con ‘Dipinti e disegni’.
Quanto a Minotti, nasce a Milano nel 1950, e dopo aver vissuto sino alla fine degli anni Ottanta a Cassina Savina e a Meda, si trasferisce a Genova, dove a tutt’oggi risiede. Ingegnere elettronico, ha insegnato elettrotecnica nella scuola media superiore ed è stato docente presso l’Istituto Tecnico Nautico ‘San Giorgio’ di Genova dal 1995 al 2007. Iscritto al Circolo Fotografico di Como nei primi anni Ottanta, lo ha frequentato per moltissimi anni. Ha partecipato inoltre alle attività del Gruppo Polaser di Faenza, dell’Università Popolare Sestrese, del 36° Fotogramma, del Circolo ‘Exposed’ e di ‘Comunicarte’ di Genova. Ha costantemente abbinato la produzione di immagini con ricerche e sperimentazioni del linguaggio fotografico. Uno dei suoi ultimi lavori realizzati è stato quello dell’interpretazione delle opere grafiche di Dario Fo.
Le mostre collaterali restano aperte negli stessi orari del Presepe meccanizzato e del Museo del Ferro. Tra Natività, antiche tradizioni, pitture e foto, ecco l’occasione di un bel tuffo nel passato, ricco di fascino e suggestioni, e con un pizzico di sempre sana nostalgia.
Il Museo del Ferro di Masone nacque negli anni Settanta, per opera del masonese Andrea Tubino, appassionato di antichità e storia locale, eclettico collezionista di scherzi di natura e utensili d’uso quotidiano, oggetti vecchi e antichi, strani e preziosi, manufatti dismessi, nel corso del tempo, perché superati dal progredire delle tecnologie. La collezione di Tubino (oltre 4.000 pezzi) è divenuta, nel tempo, il Museo dei Chiodi, in seguito, il Museo dell’archeologia e del ferro ed infine il Museo degli usi e costumi della gente della Valle Stura. Nel 1993, a un anno dalla morte di Andrea Tubino, il Museo fu definitivamente intitolato al suo fondatore; tuttavia i nomi avuti in passato continuano a sottolineare obiettivi e caratteri della collezione. Il Museo è ospitato nell’ex convento agostiniano di piazza Castello e le raccolte sono distribuite su più piani dell’ampio complesso.
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