Andamento lento, cantava Tullio De Piscopo al Festival di Sanremo nel 1988. Potrebbe essere il titolo del film dedicato al girone di andata del Toro, conclusosi domenica con una sofferta quanto preziosa vittoria contro il Bologna dell’ex Mihajlovic.
Il Toro ha chiuso con 27 punti, gli stessi della stagione precedente, insufficienti per meritare una sufficienza piena, visto che le aspettative iniziali erano ben altre. E, soprattutto, è stato curioso il passo tenuto dalla formazione granata, partita con un doppio successo contro Sassuolo e Atalanta e una doppietta finale, a Roma e domenica scorsa, successi che da soli hanno rappresentato quasi metà del bottino conquistato. Significa che nel mezzo del loro cammino i granata hanno viaggiato a scartamento ridotto, come testimoniato da sconfitte contro rivali di bassa classifica come Lecce, Sampdoria e Spal, nonostante un Belotti spesso protagonista (9 reti, nonostante sia stato fermato per quasi un mese da un infortunio) e un Sirigu che oggi è per distacco il miglior portiere del campionato. Ma quando il tuo numero 1 deve fare spesso e volentieri i miracoli non è un bel segnale per l’andamento generale della squadra.
La nota lieta di queste prime partite del 2020 è un rendimento del pacchetto arretrato nuovamente sui livelli di eccellenza del girone di ritorno della scorsa stagione, con Nkoulou tornato il ministro della difesa che aveva sollevato nei suoi confronti anche l’interesse di formazioni da Champions. Il Toro non viaggia forte, ma un andamento lento generalizzato di quasi tutte le squadre che puntano all’Europa ha permesso di concludere l’andata all'ottavo posto, ad un solo punto dal Parma settimo, piazzamento che consente di accedere ai preliminari di Europa League. Siccome ricordiamo bene come è andata cinque mesi fa contro gli inglesi del Wolverhampton, sarebbe meglio arrivare sesti per essere certi della qualificazione senza passare dalle forche caudine (e dai rischi) dei preliminari estivi.
Per farlo e competere con il Cagliari, la formazione che in questo momento detiene la sesta piazza, oltre a rintuzzare il prevedibile ritorno di Napoli e Milan, le grandi delusioni di questa prima parte del campionato, che è impensabile continuino ad andare tanto male, serve qualcosa dal mercato. Ma finora, per bocca dello stesso presidente Cairo, si sta parlando più di cessioni che di acquisti per il Toro a gennaio. E’ vero che Mazzarri gradisce le rose poco ampie, per non dover gestire giocatori scontenti o col rischio di scaldare a lungo la panchina, ma queste ultime gare (affrontate in emergenza per via dei numerosi infortuni) hanno dimostrato che già così il gruppo è ridotto ai minimi termini.
Se per cessioni si intende fare riferimento a Edera e Parigini (oltre ad un alcuni baby della Primavera), che sono riserve delle riserve, ci può anche stare, ma se come pare certo andrà via anche il talentuoso Millico, serve assolutamente una punta, per non vivere solo di Zaza e Belotti. Nella speranza che Verdi, il grande colpo dell’estate, ancora a secco di gol, cominci a fare la differenza invece che innescare polemiche (come successo domenica, al momento della sostituzione, con successive scuse - via social - nella giornata di ieri), Iago Falque è un mezzo mistero, se non viene convocato neppure contro il Bologna, quando Mazzarri tre giorni prima, alla vigilia della sfida di Coppa Italia col Genoa, aveva detto che ormai era pronto.
Se poi la partenza dello spagnolo o quella di Zaza serviranno per rimpiangere le casse e avere le risorse per acquistare un paio di buoni centrocampisti, allora il discorso cambia. Perché in mezzo al campo il Toro è contato numericamente e, soprattutto, manca di qualità, se si eccettua il jolly Ansaldi, che però spesso è vittima di problemi fisici, non avendo più una età verdissima. E di qualità ne servirebbe anche sugli esterni, visto che tra Ola Aina, De Silvestri e Laxalt, nessuno ha piedi raffinati. La nota positiva è che Berenguer, dovunque tu lo metta, anche seconda punta, sta facendo cose brillantissime da un paio di mesi a questa parte.
Il guaio è che tutti quei nomi che rumors di mercato (più o meno attendibili) avvicinavano al Toro si stanno dirigendo altrove. E la paura è che queste ultime vittorie abbiano convinto Cairo piuttosto che Mazzarri della necessità di non intervenire. Perché sarebbe folle pensare che questa squadra nel ritorno possa rifare gli stessi 36 punti collezionati nel 2019 tra gennaio e maggio. Meglio intervenire ora che collezionare rimpianti a fine campionato.
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