Facciamo il più classico dei testa-coda e partiamo dalla fine, con la premessa di un disagio di fondo nel far le pulci agli allenatori, chiunque essi siano, ai quali non siamo degni (se si tratta di conoscenza cestistica) nemmeno di pulire la polvere dalle scarpe.
Però… perché quel cambio, peraltro sconfessato subito dopo, quando ancora la partita poteva diventare di Varese?
Siamo a un minuto e mezzo dalla fine di un quarto quarto nel quale in un modo o nell’altro i biancorossi sono riusciti a mettere lo zucchero nel serbatoio reyerino, evenienza che insieme alle prodezze del nuovo arrivato Iroegbu e a un po’ di superficialità casalinga ha regalato una partita al Taliercio e all’Openjobmetis. Una partita forse non bella, ma autentica (e non è scontato visto che una è Venezia e l’altra è Varese…).
Per la maggior parte degli ultimi 10 minuti Kastritis aveva prediletto, ancora una volta, il quintetto senza i due lunghi insieme, affidandosi prima a Nkamhoua, poi a Renfro, e decidendo inizialmente di non seguire uno Spahija che prima il quintetto lo aveva alzato, poi “abbassato”, diciamo alleggerito, scegliendo di andare con Horton e Parks. A questo punto il greco decide a sua volta di rendersi ancora più piccolo (dentro insieme Iroegbu, Moody, Alviti e Moore), ricordandosi però di avere un centro in panchina - Renfro - e così inserendolo. La Reyer non segna più, è in difficoltà, è forse il momento di azzannarla e di chiudere ancor meglio la difesa… E invece no: quando vedi rialzarsi Nkamhoua dalla panchina (necessario in attacco) e speri che entri insieme al suo pivot, coach K. ti sorprende e fa diventare Varese non piccola, lillipuziana: dentro il finlandese, fuori l’americano, con l’Umana che prima arriva finalmente facile al ferro, poi (l’azione dopo) prende un rimbalzo offensivo e segna di nuovo. Sono i 4 punti che sciolgono e indirizzano il match. La guida biancorossa sa di aver sbagliato valutazione, altrimenti non rimetterebbe dentro in fretta e furia l’ex Sassari al posto di Moody, che nel frattempo ha fatto… palo, ma ormai è finita…
Al di là dei dettagli, il concetto generale è che siamo ancora una volta davanti a un’inspiegabile e perdurante fascinazione per le Varese piccole e sguarnite, cioè non attrezzate fisicamente, un concetto che dal nostro minuscolo e ininfluente cantuccio da anni trangugiamo senza riuscire a trovarci un perché…
… Sensato, proficuo, oggettivo.
Varese va a due passi (uno forse è troppo…) dal vincere al Taliercio, dove i dettami fisici del “Moreyball alla varesina” - quelli che hanno sempre prescritto i centri segaligni e i “tre” adattati a quattro per quaranta minuti quaranta - sono spesso e volentieri naufragati come concetti, così come su tanti altri parquet: solo noi ricordiamo scorribande assortite dei vari Tessitori e Wiltjer che oggi invece non si sono viste? E non si sono viste perché la Openjobmetis quest’anno avrebbe le potenzialità, anche mentali non solo strutturali, per fare un po’ meglio del passato sotto canestro.
Tutto nasce da una coppia pensata in estate e che va messa in campo il più possibile, mandando definitivamente in naftalina (e togliendole dalla stessa solo per mosse tattiche temporanee) le malsane idee dello “small ball” spinto… Renfro ed Nkamhoua insieme hanno senso, devono aver senso, anche per chi ancora non crede nell’ex Sassari, che invece se sano ha un suo perché almeno difensivo.
Il problema di questa Varese a oggi non è una difesa con delle basi, una difesa in miglioramento, una difesa che potrà dire la sua. Il problema rimane l’attacco, dove ognuno va per lo più per conto suo e speriamo che il tiro da tre entri… Quando abbiamo visto Iroegbu giocare qualche normalissimo pick and roll (a volte a coinvolgere pure il “terzo”, ovvero Alviti) ci siamo stropicciati gli occhi: sogniamo o siam desti?
L’ultima, poi ci zittiamo: Moody è da cambiare, anche dopo questo risveglio. Freeman, pesce fuor d’acqua se ce n’è uno oltre che sprovvisto di forma, se va avanti così speriamo possa fargli compagnia.













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