Il dibattito sulle pratiche del Piano Casa a Taggia non si ferma e prende ora una piega ancora più delicata. Dopo l’ultimo consiglio comunale, in cui il consigliere di minoranza Gabriele Cascino (Progettiamo il Futuro) aveva sollevato dubbi sulla mancanza di convenzioni urbanistiche in una ventina di interventi approvati tra il 2017 e il 2025, arriva una conferma che potrebbe cambiare lo scenario. “Dalla Regione Liguria, in via informale, mi hanno dato ragione sulla mia interpretazione”, ha dichiarato Cascino, rafforzando le sue perplessità e aprendo a conseguenze che potrebbero incidere sulla legittimità stessa dei titoli edilizi rilasciati.
Il nodo normativo: cosa dice la legge. Alla base della questione c’è la legge regionale n. 49 del 2009, che disciplina il cosiddetto Piano Casa. La norma prevede che gli interventi edilizi straordinari – varianti al piano regolatore e cambi di destinazione urbanistica – non si limitino al pagamento degli oneri, ma siano accompagnati da una convenzione urbanistica. Questo strumento, disciplinato anche dall’articolo 28-bis del Testo Unico Edilizia (d.P.R. 380/2001), ha la funzione di fissare obblighi a carico del privato, come la realizzazione di opere di urbanizzazione o la cessione di aree, garantendo un ritorno concreto per la collettività. In altre parole, la convenzione è ciò che dovrebbe trasformare l’intervento privato in un’opportunità di interesse pubblico, con marciapiedi, parcheggi, spazi verdi o altri servizi compensativi.
La posizione del Comune. In aula, l’assessore all’Urbanistica Laura Cane aveva difeso l’operato dell’amministrazione, spiegando che non si era voluto “gravare i cittadini con oneri ulteriori”, preferendo ricorrere alla monetizzazione. Una scelta che, secondo il Comune, rientrerebbe comunque nel quadro di legittimità, visto che tutti i permessi di costruire sarebbero stati rilasciati “nel pieno rispetto della normativa”.
I dubbi e la mossa di Cascino. Il consigliere non si è detto convinto: la legge, ha ribadito, non lascia margini a interpretazioni. Anche quando si opta per la monetizzazione, la convenzione deve esserci e deve riportare chiaramente l’impegno. Senza questo passaggio formale, secondo il capogruppo di opposizione, "si crea un vuoto che priva la comunità delle opere pubbliche necessarie e rende le pratiche urbanistiche fragili dal punto di vista legale". Per fugare ogni dubbio, Cascino ha scritto al direttore generale della Regione Liguria per ottenere un parere ufficiale. In attesa della risposta formale, ha fatto sapere di aver già ricevuto conferme informali che avvalorano la sua interpretazione.
Le possibili conseguenze. Se la posizione di Cascino dovesse essere confermata ufficialmente dalla Regione, la questione assumerebbe contorni pesanti: titoli edilizi rilasciati senza convenzione potrebbero risultare contrari alla legge, con il rischio di contenziosi, richieste di adeguamento o addirittura di revoca. Il tema non riguarda solo aspetti tecnici, ma tocca anche la qualità urbana: “Se si permette ai Comuni di monetizzare senza convenzioni – aveva osservato Cascino durante il Consiglio comunale – ci si ritrova con denaro in cassa, ma senza opere pubbliche. Mancano marciapiedi, panchine, arredi urbani: elementi che avrebbero dovuto migliorare il territorio”.
Una partita ancora aperta. Il caso resta dunque sospeso tra due possibili scenari: o le scelte dell’amministrazione vengono considerate legittime, o si apre un fronte di irregolarità che potrebbe avere ricadute a catena sugli ultimi otto anni di Piano Casa a Taggia. Per Cascino non ci sono vie di mezzo: “O ho torto io, oppure si tratta di titoli emessi in contrasto con la normativa”. Sarà la risposta ufficiale della Regione Liguria a chiarire un quadro che potrebbe avere ripercussioni su tutta la regione.
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