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Sport | 17 agosto 2025, 08:01

Il più bel biglietto da visita floreale di Varese. Fulvio e Patrizia e la loro passione sempre in fiore: così vive la Floricoltura Pozzi

VARESE DALLA VETRINA/54. Scollinati i quarant’anni di attività, marito e moglie curano quotidianamente migliaia di piantine accudite con sapienza e volontà: «Abbiamo diecimila begoniette e con le altre annuali arriviamo a centomila piantine. I clienti ci chiedono un po’ di tutto, le donne acquistano di più fiori e piantine, gli uomini sementi per l’orto e piante da giardino»

Il più bel biglietto da visita floreale di Varese. Fulvio e Patrizia e la loro passione sempre in fiore: così vive la Floricoltura Pozzi

Il più bel biglietto da visita floreale di Varese sta nelle aiuole all’incrocio tra via Caracciolo e via Toce, sulla strada per Casciago, ed è un tripudio di colori, in estate come in inverno. Aiuole speciali, che Fulvio Pozzi e la sua équipe curano maniacalmente, mille piantine che danno gioia e testimoniano che, quando si ha sapienza e volontà, Varese può essere ancora città giardino. Fulvio Pozzi è persona di grande generosità, si alza ogni giorno alle sei, va a comperare il giornale, e poi arriva alla floricoltura, si aggira tra serre e tunnel, perché c’è sempre qualcosa da fare, anche a 67 anni (è nato il 10 ottobre 1957) dopo una vita trascorsa in mezzo a fiori e piante.

«Certo, l’aiuola è bellissima, me lo dicono in tanti, però il mantenerla è costoso, per la continua innaffiatura e l’erba da strappare. Tutto nacque una ventina di anni fa, allora le aiuole dell’incrocio erano state date in appalto a un giardiniere, che però non le curava. Così chiesi all’ufficio Verde pubblico del comune di poterle sistemare, in cambio della messa in opera di due cartelli pubblicitari della mia azienda. Da allora due volte l’anno cambio i fiori, in inverno ci metto le viole» spiega Pozzi, baffi e cappello da fazendero.

Ma non si dice Fulvio se non si nomina Patrizia, sua moglie, in azienda dal 1986 (prima lavorava da Lavezzari) la vera anima della floricoltura, cassiera, amministratrice, commessa, quando ha tempo anche nonna, un bel sorriso e tanta pazienza e gentilezza con i clienti: «Lui si alza alle sei, ma io alle 5,50 per portargli la colazione a letto» fa eco la signora.

«Io con i clienti sono sbrigativo, ma mia moglie e i ragazzi che lavorano qui - in tutto siamo quattro, più due stagionali - sono gentilissimi, li assecondano in tutto, anche nelle richieste più strane».

Pozzi è figlio d’arte, i genitori Edmondo e Dosolina incominciarono con il vendere sementi e piante da orto nei mercati, poi aprirono l’attività a Morosolo, dove oggi c’è il fratello di Fulvio, Giancarlo, un nome di risonanza mondiale per la coltivazione di orchidee, da far invidia a Nero Wolfe.

«Mio padre veniva da Rezzago, in provincia di Como, in Vallassina, arrivava fin qui a vendere sementi e a Varese conobbe mia madre. Era fratello del papà di Angelo Pozzi, mio cugino, che ha l’azienda alle Bustecche, per andare a Bizzozero. Oggi la loro attività porta avanti con passione e competenza il figlio Renato. Io sono nato tra i fiori, quel 10 ottobre mia mamma stava scaricando il furgone al mercato di piazza della Repubblica a Varese, e all’improvviso disse a papà: “Non mi sento tanto bene”. Lui la portò di corsa all’ospedale e sono nato io. Il primo gioco che ricordo era di fare le formine di terriccio con i vasi di terracotta, poi incominciai a invasare le piantine e a vedere i risultati. È stato questo che mi ha fatto appassionare alla floricoltura».

Nel 1979, alla morte del padre, Fulvio lascia l’azienda paterna e fa esperienza in varie aziende florovivaistiche e, nel 1984, decide di mettersi in proprio, aprendo in via Toce un primo tunnel con piante da orto e sementi, per arrivare a oggi, con seimila metri quadrati tra garden e vivaio, 600 dei quali al coperto. Poi Pozzi ha costruito un impianto a Morosolo, con 10mila metri quadrati di vivaio e duemila di serre.

«Qui abbiamo la parte agricola, con le piante annuali come gerani, surfinie, quelle da orto e il vivaio con le piante più grandi, conifere comprese e alberi da frutto. E poi il garden, dove invece teniamo sementi, terricci, concimi e disinfettanti, vasi di resina e di plastica che hanno soppiantato quelli di terracotta».

La signora Patrizia ci spiega come i gusti dei clienti siano mutati nel tempo: «Piante da appartamento come il Ficus elastica o la Dieffenbachia non si usano più, erano amate dai nostri nonni, oggi vanno molto le orchidee Phalaenopsis, di solito per regali galanti, la Strelitzia, la Kenthia, lo Spatifillo, l’Anthurium e le Kalanchoe, mentre per il balcone la Dipladenia ha spodestato i gerani. Per il giardino vanno le piante da siepe, da frutto, le tappezzanti, le rose, i gelsomini e l’agapanto e l’Hibiscus moscheutos, dai grandi fiori».

Da Pozzi il lavoro non manca, il vivaio va curato in continuazione per tutto l’anno, in inverno si preparano le piante per la primavera, per rinvasare tutto ci vogliono mesi. «Abbiamo 10mila begoniette e con le altre annuali arriviamo a 100mila piantine, 20mila tra gerani, surfinie e sunpatiens. I clienti ci chiedono un po’ di tutto, le donne acquistano di più fiori e piantine, gli uomini sementi per l’orto e piante da giardino» aggiunge Fulvio, che fino a 40 anni aveva la passione per la caccia e il tiro al piattello e oggi è diventato vegetariano e passa il tempo libero nuotando.

«Io invece non ho tempo per i passatempo - dice Patrizia - La mia passione è stare con i miei due nipotini, Leila, di quattro anni, figlia di nostra figlia Corinna, laureata in banca e finanza che lavora in Svizzera, e Tommaso, di due anni e mezzo, figlio di nostro figlio Francesco, avvocato in una multinazionale a Milano. Né lui né sua sorella hanno voluto continuare il nostro lavoro».

Usciamo per scattare le fotografie davanti alla celebre aiuola fiorita “del Pozzi”. Fulvio e Patrizia si mettono in posa, lei un po’ riluttante ma lui la convince davanti a un magnifico banano. La giornata è limpida e i colori sgargianti, è proprio vero che i fiori donano felicità e buonumore. Fulvio vuole uno scatto vicino alle sughere che fanno bella mostra a lato della via Matteotti che conduce a Casciago, è orgoglioso di quanto ha creato nel tempo. «Però siamo un po’ stufi - dicono alla fine in coro marito e moglie - Non è detto che tra qualche anno si chiuda baracca e ci si goda finalmente la pensione, ce la siamo meritata».

Mario Chiodetti

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