In queste settimane di campagna elettorale è facile incontrarlo per le strade della città, da ponente a levante, armato di volantini e materiale informativo per sostenere la candidatura del padre: a ventitré anni Eugenio Piciocchi è schierato in prima linea con determinazione e passione. Insieme a lui c’è tutta la famiglia: Pietro Piciocchi e la moglie Emma hanno sei figli e altri due in affido. Gli abbiamo chiesto cosa lo spinge a sostenere così a gran voce questa candidatura e come vive questa esperienza.
Eugenio, ti abbiamo visto in giro per la città a distribuire materiale informativo sulla candidatura di tuo papà. Cosa ti spinge a sostenere così a gran voce questa campagna?
“In questo momento, per esempio, sono con un amico e stiamo ancora distribuendo volantini. Abbiamo deciso di aiutare così tanto nostro papà sicuramente per il legame familiare, per la persona che è, ma anche per le grandi idee che ha, per la sua competenza e, ti dirò, anche per la sua autenticità. In questi anni ho visto in lui un grandissimo spirito di sacrificio, spesso mai riconosciuto, magari sempre dietro le quinte. Ha sempre lavorato un po’ nell’ombra”.
Cosa hai visto nascere in questi anni dal suo lavoro?
“Ho visto nascere grandi progetti. Mi ricordo quando andavo a Roma con lui e aveva già i dossier del Waterfront, del tunnel subportuale, mesi prima che se ne parlasse pubblicamente. Cercava già di trovare i fondi, di accelerare i tempi. È un amministrativista con una competenza incredibile. Abbiamo anche avuto la possibilità di viaggiare e vedere grandi città internazionali. Io vorrei che Genova diventasse una città sempre più accogliente e internazionale, a partire dai giovani e dalle infrastrutture, ma soprattutto da una mentalità più aperta”.
Incontri spesso persone che hanno pregiudizi politici?
“In questo periodo ho incontrato molte persone che mi dicono: ‘Tuo papà è bravissimo, però non lo voto perché non mi piacciono alcuni partiti che lo sostengono’. Oppure altri che votano sempre nello stesso modo, per abitudine. Questa è una mentalità che non mi piace, perché credo sia vero il detto che solo i morti non cambiano idea. Mio papà non è di un partito, è appoggiato da partiti che hanno riconosciuto la sua competenza, ma poteva essere appoggiato anche da altri. Anche Calenda, per dire, fino a poco prima di allearsi con altri, sosteneva mio papà”.
Sei sempre stato interessato alla politica?
“Mi ha sempre appassionato fin da ragazzino: quando ero più piccolo mi affascinava molto l’idea di cambiare le cose, ma paradossalmente era proprio mio padre a tenermi con i piedi per terra: mi diceva di studiare, che non tutto è come sembra. Crescendo, ho visto che spesso mancano le competenze, anche nei partiti che sostengono papà. Ora sono più razionale rispetto a quando avevo 16 anni, quando tutto quello che diceva una persona mi sembrava giusto. Con papà, invece, vedo voglia di lavorare, grinta, unione, poche chiacchiere e tante idee concrete. Ad esempio, quando dopo che Bucci è andato in Regione ha scelto di lavorare con Enrico Costa, ci sono stati partiti che si lamentavano perché volevano mettere i loro uomini. Papà ha detto: ‘Io voglio fare il bene di Genova. Se avete persone brave, le metto, altrimenti no’. Anche per il tesoriere Raggi, che era un ex del PD, la maggioranza fece scalpore, ma papà disse: ‘Se trovate uno bravo come lui va bene, altrimenti scelgo lui’. Questo approccio pratico e orientato al bene comune mi è piaciuto tantissimo”.
Che ruolo ha la famiglia in questa avventura?
“Si vede che c’è tutta la famiglia intorno, non è solo una questione politica. Noi ci crediamo tantissimo. Avere un papà giovane in casa, che respira i nostri bisogni e quelli dei nostri amici che invitiamo spesso, è fondamentale. Ci mette veramente anima e corpo. Ho visto papà perdere tutti i capelli in una settimana dopo che è diventato assessore al bilancio, tornava a casa che stava male dallo stress. C’erano situazioni difficili, come l’AMT che aveva debiti enormi, e ora siamo riusciti ad avere la gratuità e la connessione sui mezzi pubblici. Sono risultati che sembrano incredibili, ma sono frutto di un percorso lungo. Papà è una persona giovane anche nel modo di pensare, un po’ all’americana. Come l’idea di grandi piazze per organizzare eventi di alto livello: lo fanno a Milano, a Torino, a Firenze, e noi dobbiamo farlo anche qui”.
C’è un episodio che ti ha colpito particolarmente?
“L’anno scorso, ad esempio, sono stato colpito dal fatto che Vasco Rossi non sia venuto a Genova per il suo tour, mentre ha suonato in città come Trieste o Messina, che hanno squadre di serie C o D. Mi sono chiesto come fosse possibile che Genova non venisse considerata. Papà ha preso a cuore la questione, ne ha parlato in giunta e si è attivato per capire come mai i grandi tour non considerino Genova. Ha coinvolto anche noi per raccogliere idee e spunti. È così che lavora, ascoltando e cercando soluzioni”.
Avete mai dato suggerimenti che poi sono diventati realtà?
“Avevamo fatto notare che non c’erano spazi disponibili per studiare la domenica. Papà, dopo tre giorni, ha aperto la biblioteca Berio anche la domenica. Altri consigli riguardano i grandi concerti e l’aeroporto: insistiamo sempre perché Genova diventi una città internazionale, attenta alle opportunità. Io, che sono più grande, insisto anche sull’università e sugli studentati. Papà si sta impegnando molto anche su questo fronte, perché sa che il futuro di una città dipende anche dalla sua università. E poi ancora la Fabbrica delle Idee, un’altra tappa fondamentale per la città”.
Ti vedi in futuro in politica?
“È una domanda personale. Mi piace il mondo del servizio, come lo interpreta mio papà, non la politica come la vediamo oggi. Molti dicono ‘non vado a votare, mi tengo lontano’, ma poi si lamentano se le cose non funzionano. Se c’è qualcuno che si impegna per la pulizia sotto casa, per la sicurezza, e tu ti tieni lontano, poi non puoi lamentarti. Oggi a livello nazionale vedo una certa omologazione dei partiti, tante burocrazie, e spesso non trovo grandi differenze tra di loro. Al momento non mi iscriverei mai a un partito, ma l’idea di fare il bene per la comunità mi piace molto. Ho visto papà lavorare duramente per realizzare progetti, lottando contro mille difficoltà e poi vedere la gente contenta è una soddisfazione enorme. E’ bello sentirsi parte di questa crescita della città”.
Cosa diresti ai tuoi coetanei per convincerli ad andare a votare?
“Il nostro futuro dipende da chi sta sopra di noi, nel bene e nel male, quindi non bisogna darlo per scontato. Se siamo arrabbiati con la politica è perché chi sta sopra non si comporta bene. Allora vai a votare, anche solo per cambiare, ma vai a votare. Oggi siamo disciplinati da leggi che sono scelte da qualcuno, quindi se non vai a votare lasci che gli altri decidano al posto tuo. E poi, se non prendi una posizione, non hai più diritto di lamentarti. Ho amici che non andavano mai a votare, ma da quando hanno conosciuto papà, vengono con noi a volantinare: questa è una meraviglia”.
Che differenza vedi tra la politica di oggi e quella di tuo padre?
“Devo dire che, certo, siamo in campagna elettorale, ma papà è davvero una persona che sta in mezzo alla gente. Ad esempio, fa le giunte itineranti, spesso prende l’autobus la mattina per stare tra le persone. Mia mamma gli dice: ‘Perché non vai in moto che ci metti meno?’, ma lui risponde: ‘Io sto col mio popolo’. Gli piace davvero stare tra la gente, è proprio nel suo ruolo”.
C’è un aneddoto che vuoi condividere?
“Ti racconto questo episodio: qualche giorno fa, a Terralba, ho incontrato Silvia Salis che distribuiva i suoi volantini. Ci siamo presentati, lei mi ha riconosciuto e ci siamo messi a volantinare a venti metri di distanza, una sorta di sfida tra Salis e Piciocchi junior. Abbiamo tenuto testa e siamo andati avanti lo stesso”.
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