Dopo quasi quarant’anni, il mondo del tartufo italiano è pronto a una svolta. In Senato è in discussione il disegno di legge S1412, presentato come primo firmatario, dal senatore cuneese Giorgio Maria Bergesio (Lega; nella foto sotto). L’obiettivo è ambizioso: armonizzare la normativa nazionale con le direttive europee e aggiornare la legge 752 del 1985, tenendo conto dell’evoluzione culturale, economica e ambientale del settore.
Tra i soggetti auditi in Senato figura anche il Centro Nazionale Studi Tartufo di Alba, accanto ai sindacati agricoli e alle associazioni nazionali di categoria. Il presidente Antonio Degiacomi (nella foto sotto), che guida l’ente impegnato da anni nella promozione, tutela e divulgazione del tartufo, ha accolto positivamente alcuni punti del provvedimento, ma con altrettanta chiarezza ha indicato aspetti da correggere con urgenza.
"Abbiamo riconosciuto la necessità di aggiornare una legge ormai superata – spiega Degiacomi – soprattutto per adeguarla alla normativa europea e alla complessità attuale della filiera. Il disegno di legge prevede strumenti utili come il Piano nazionale della filiera, i piani regionali, il tavolo tecnico e il riconoscimento dei tartufai come operatori del settore alimentare."
Tuttavia, non mancano le criticità. "Abbiamo chiesto l’introduzione di un calendario unico nazionale per la raccolta, esteso anche alle tartufaie controllate e coltivate – sottolinea – perché oggi la frammentazione territoriale mette a rischio la qualità e la tracciabilità del prodotto, soprattutto per il tartufo bianco pregiato."
Altro nodo riguarda la cerca e cavatura, dichiarata patrimonio immateriale UNESCO, ma totalmente assente nel testo. "Una grave mancanza – afferma Degiacomi – aggravata da due limiti incomprensibili: il divieto della cerca notturna, fondamentale per la tradizione in regioni come il Piemonte e la Liguria, e l’esclusione dei minori di 18 anni dall’attività di raccolta. Se vogliamo trasmettere la cultura del tartufo, dobbiamo permettere alle nuove generazioni di imparare accanto agli esperti."
È proprio l’importanza culturale e simbolica della libera cerca che Degiacomi rivendica come pilastro identitario della filiera: "L’aspetto culturale della cerca e cavatura del tartufo – osserva – contribuisce, insieme alla qualità del prodotto, a generare fascino, attrazione e valore territoriale. È un tratto distintivo che non può essere sacrificato".
Il Centro Studi ha inoltre posto l’accento su un equilibrio da ritrovare tra tartufaie controllate e aree destinate alla libera cerca. "Con la proposta di concessioni fino a 30 anni e l’estensione alle aree demaniali, si rischia di ridurre drasticamente gli spazi accessibili a tutti – avverte Degiacomi –. E non si può equiparare una tartufaia coltivata, con tecniche agronomiche specifiche, a una tartufaia controllata, che rimane un habitat naturale da preservare."
Fra le proposte portate all’attenzione della Commissione anche l’inserimento nel tavolo tecnico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, dell’Associazione Cerca e Cavatura del Tartufo e dello stesso Centro Studi Tartufo. Infine, una curiosità che rivela l’attenzione per il legame tra prodotto e storia: "Abbiamo suggerito che il Tuber mesentericum porti nel nome volgare un riferimento a Bagnoli, che ne ha storicamente valorizzato la raccolta."
L’iter legislativo è ancora in corso, ma per Degiacomi la direzione è chiara: "Serve una legge che tuteli la biodiversità e il patrimonio culturale, valorizzi le tradizioni locali e offra certezze agli operatori. Solo così potremo guardare davvero al futuro del tartufo italiano."
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