Un sit in davanti al Ferrante Aporti, il carcere minorile di Torino. Lì dove meno di un anno fa, agli inizi di agosto, un gruppo di detenuti minorenni aveva tenuto in ostaggio un intero istituto. Da allora poco sembra essere cambiato. Attualmente sono circa 46 i detenuti, in calo rispetto a quando avvenne la rivolta con i minori reclusi che erano una decina in più.
Le condizioni al minorile
Il personale resta sotto organico, non c’è un'organizzazione del lavoro, a inizio dell’anno dei detenuti dormivano a terra, i turni sono massacranti, c’è chi lavora senza riposo per troppi giorni consecutivi, anche nei festivi. Una situazione difficile, come lo è in molti, troppi, carceri in tutta la penisola. Ma a finire sotto la lente del sindacato di polizia penitenziaria Osapp oggi è un altro caso.
Quello di una donna, messa in servizio operativo con tanto di cinturone e pistola di ordinanza, durante la gravidanza. E di un’altra donna a cui sarebbe stato abbassato il rapporto informativo (una sorta di valutazione dell’operato all’interno dell’istituto) perché sarebbe entrata in maternità.
"Clima di tensione"
Oggi a rappresentare il minorile non c’è nessun lavoratore perché il clima, stando a quanto sostiene Gerardo Romano, vice segretario dell’Osapp, è di forte tensione. Ma ci sono colleghe donne che in solidarietà hanno portato la voce di chi opera. Arrivano da Vercelli, da Fossano e dal femminile delle Vallette.
La richiesta da parte del sindacato è di un incontro con il direttore dell’istituto, così come un’ispezione interna.
“Abbiamo scritto almeno 10 note sindacali che riportano gravi problemi - sostiene Romano - Chiediamo che il capo dipartimento della giustizia minorile accerti se si sono stati problemi con altre donne impiegate all’interno del carcere. Vogliamo chiarezza, trasparenza e rispetto per le donne e gli uomini che operano all’interno dei carceri. Essere incinta non può essere una colpa”.
Ricca: "Condizioni insostenibili"
A partecipare all’iniziativa è intervenuto anche il consigliere regionale della Lega Fabrizio Ricca. “Le condizioni in cui sono costretti a lavorare le agenti e gli agenti della polizia penitenziaria del carcere Ferrante Aporti di Torino sono insostenibili - ha detto - Un disagio ancora più forte per le donne in stato interessante che spesso vengono impiegate nei servizi operativi".
"Mi farò portavoce di quanto segnalato dall’Osapp per fare in modo che a livello regionale venga istituito un apposito garante e per creare le condizioni affinché all’interno della struttura venga ripristinato un clima di serenità e rispetto dei diritti, che passa anche dal confronto democratico con le organizzazioni sindacali - aggiunge poi Ricca - Serve l’attivazione urgente di un organo che sia in grado di vigilare e tutelare il lavoro di chi ogni giorno è in prima linea per garantire l’ordine e la sicurezza negli istituti detentivi e non deve avere meno diritti degli altri”.
Alle Vallette si teme per l'estate
Ma la situazione sembra non migliorare nemmeno al Lorusso-Cotugno. Qui degli agenti parlano di “tensione altissima” e di un supporto psicologico inesistente, a differenza di quanto era stato promesso. Anche qui i turni sono massacranti.
“Non si riesce nemmeno ad avere il tempo per andare a mangiare - dicono alcuni di loro - quando ci va bene facciamo otto ore. Dopo le rivolte non è cambiato nulla, anzi la situazione è peggiorata.”
Ora temono che con l’arrivo dell’estate possano riaccendersi i tumulti: “Le premesse ci sono tutte”. E non si fidano più delle promesse di ministri e politici fatte in questi anni.
Il ruolo delle donne della penitenziaria
E in generale le donne della penitenziaria che operano nelle carceri denunciano una generale condizione di malessere.
“Essendo in minoranza veniamo tutelate meno - sostiene Armanda Del Prete, delegata Osapp, operante al carcere di Fossano - Lo Stato dovrebbe essere il primo a tutelarci, ma non ci tutela. Non siamo formate per gestire, per esempio, personale psichiatrico. Eppure lo facciamo con un alto livello di stress”.
Eppure le donne che lavorano negli istituti non si sentono da meno degli uomini, rivendicano con fierezza la loro utilità. Come Gabriella Cervino, delegata Osapp e operante al femminile della Vallette.
“Faccio questo lavoro perché mi piace - sostiene - per me rappresenta una missione. Se veniamo rispettate riusciamo a lavorare bene. Noi ci siamo quando ci sono persone che hanno bisogno di essere ascoltate e a volte esco da qui con la soddisfazione per i ringraziamenti che ricevo. Sono madre di due figli e anche per rivendicare il diritto alla maternità che oggi sono qui”.
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