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Eventi e Turismo | 01 maggio 2025, 12:49

La piazza non dimentica: un minuto di silenzio per le morti bianche sul palco del Primo maggio. Airaudo: "Aumentano gli infortuni. Nei primi 4 mesi sono morte 136 persone" [VIDEO E FOTO]

"Si muore di lavoro e di precarietà". Rubolino sindacalista di origine albanese: "Abbiamo contribuito alla costituzione di un Paese". Rasero: "C'è ancora troppa disparità"

La piazza non dimentica: un minuto di silenzio per le morti bianche sul palco del Primo maggio. Airaudo: "Aumentano gli infortuni. Nei primi 4 mesi sono morte 136 persone" [VIDEO E FOTO]

"Questa piazza non dimentica, non si abitua a contare i numeri non vogliamo dimenticare le persone".

La piazza è quella astigiana, quella calda (non solo dal punto di vista delle temperatura), quella attenta alle parole e ai numeri di un Primo maggio che si concentra sulla sicurezza sul lavoro. Una manifestazione che, se lontana dai numeri di partecipazione del passato (circa un migliaio oggi al corteo e comizio), tocca temi molto attuali (purtroppo) come la precarietà e le morti sul lavoro.

Giuseppe, Luca, Piera, Carmelo, Domenico, Florin, Diego, Yassine, Claudio, Tommaso e tanti altri. Per loro, alcuni dei morti sul lavoro, piazza Statuto ha osservato un minuto di silenzio prima degli interventi. .

"Ancora tante troppe morti sul lavoro, più di 1000 nel 2024. A questi si aggiungono 500mila infortuni denunciati e un numero non calcolabile di casi sommersi. Un triste primato italiano, una situazione indegna per un paese civile che vanta di essere la seconda nazione più industrializzata di Europa. Eventi che molto spesso, dopo l'indignazione del momento, vengono dimenticati ancora peggio, rientrano nell'abituale cronaca quotidiana", sottolinea il segretario Cisl astigiano Stefano Calella.

"Il lavoro è radice di libertà"

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio ieri aveva ricordato che il lavoro è radice di libertà, democrazia indispensabile per la realizzazione della persona. Purtroppo serve ancora rafforzare l'impegno per la sicurezza sul lavoro attraverso un maggiore dialogo tra istituzioni, imprese e sindacati per fermare una strage silenziosa e la sicurezza deve essere il riferimento fondamentale di un cantiere per il lavoro che punti a rilanciare salari e la qualità dell'occupazione.

Ma, come rimarca Calella "dopo 30 anni dalla legge 626 e dal decreto 81 il numero degli ispettori è insufficiente e malgrado le ultime assunzioni dei vari enti, siamo lontanissimi da un'efficienza operativa. Bisogna agire nella formazione e soprattutto nella cultura della sicurezza". 

Ad Asti la Prefettura, con Cgil Cisl e Uil ha costituito l'osservatorio degli infortuni con gli organi ispettivi per contrastare questa piaga sociale e Asti Sicura si è posta l'obiettivo di coinvolgere le scuole.

"L'Italia non è sicura sul lavoro. - rimarca Arianna Franco Cgil durante il corteo -. È necessario istituire delle procedure di controllo che funzionino davvero,  le imprese committenti sono quelle che spesso hanno fondi e possibilità di attuare tutti i meccanismi di prevenzione e di controllo necessario, quindi è opportuno che vengano tirate in causa in tutto il processo del dell'appalto e siano responsabili in solido perché è inaccettabile continuare a girare per i cantieri e trovare lavoratori che non hanno neanche idea chi sia veramente il loro datore di lavoro. Quindi questa catena infinita e senza controllo degli appalti è pericolosissima. Anche ad Asti non si investe sui meccanismi di controllo, purtroppo e questo è un grosso problema perché non si riesce a fare una una prevenzione seria. Un'altra cosa che riteniamo sia necessaria all'interno delle imprese è mettere in atto dei processi di mediazione culturale. Spesso nelle soprattutto nell'edilizia, insomma, in alcuni comparti ci sono lavoratori migranti che hanno ancora delle grossissime difficoltà con la lingua, appartenenti a culture per cui è sconveniente dire di no, sconveniente dire che non si è capito e quindi è impossibile pensare che questi lavoratori abbiano contezza delle norme minime di sicurezza".

Precarietà, salari troppo bassi e poche certezze

Riflessioni che convogliano nei ragionamenti del segretario regionale Cgil Giorgio Airaudo: "I lavoratori non sono sicuri perché sono sempre più precari, perché hanno salari troppo bassi, perché rischiano la vita sui posti di lavoro. Nella nostra regione in Italia sono in aumento gli infortuni, sono in aumento le morti sul lavoro, purtroppo, e aumentano nei subappalti e nella precarietà, perché se le persone sono ricattabili, non sono certe del loro salario, non sono certe della mutua, non sono certe della malattia, hanno paura di perdere il posto di lavoro, assumono dei rischi che non dovrebbero assumere. Speriamo di partire dai referendum dell'8 e il 9 giugno, dove bisogna far sapere che si può votare". 

Dopo il 25 aprile, anche per il 1 Maggio l'intervento del sindaco di Asti e presidente della Provincia, Maurizio Rasero è sentito e poco istituzionale. "Se è vero che tante cose si sono fatte, se è vero che alla fine dell'800 si lavorava 16 ore, grazie a quelle rivendicazioni si è arrivati alle 8 ore, si sono fatti altri passi in avanti, ma sempre con il sudore e l'impegno delle organizzazioni sindacali al fianco dei lavoratori. Probabilmente c'è ancora tanto da fare e in primis e quindi qui per quanto riguarda le mie istituzioni me ne assumo le responsabilità. Se noi siamo ancora a ricordare tante morti sul lavoro, vuol dire che qualche cosa va va ancora storto e che per forza bisogna ancora intervenire. Ci sono ancora troppe disparità fra uomini e donne, lavoratori che fanno lo stesso lavoro, ma a seconda del sesso hanno oggi, in alcuni settori ancora stipendi che sono diversi".

Nei primi 4 mesi dell'anno in Italia sono morte 136 persone

Discorso apprezzato dal segretario Airaudo che ha parlato a nome di Cgil Cisl e Uil: "Lo prendiamo in parola perché il mondo del lavoro piemontese, il mondo del lavoro astigiano, il mondo del lavoro in Italia ha bisogno di sostegni e di cambiamento e ha bisogno di farlo velocemente perché nei primi 4 mesi di quest'anno sono morti 136 lavoratori in Italia. Erano 119 un anno fa, il 16% in più in un anno. In Piemonte nei primi 4 mesi sono 20 perché le statistiche che si fermano ai 4 mesi, ma in verità siamo già a 21, purtroppo. E gli infortuni in Piemonte sono passati da 42.000 a 43.000. Ci si muore di lavoro, si muore nel lavoro, ci si ammala nel lavoro".

Non solo uno snocciolare di dati e di mancanze, ma un sottolineare che si parla ancora troppo, troppo, di precarietà.  L'83% delle assunzioni in Piemonte sono fatte di contratti precari, di contratti parziali dove, continua Auraudo, "non si è liberi, si è ricattabili. Non ci si può rifiutare di fare alcuni lavori perché non ti confermano il contratto, non ti rinnovano la somministrazione e alla via così. E allora se noi vogliamo combattere la strage sul lavoro, il costo umano, sociale ed economico degli infortuni, perché i lavoratori infortunati costano alla collettività, costano a se stessi, ma costano al sistema economico. Se vogliamo combatterli abbiamo bisogno di ridurre la precarietà".

La storia di un'idea, una battaglia
 

Giorgio Rubolino di Uil Asti Cuneo, racconta anche la sua storia, "la storia di un idea, di una battaglia e di un sogno che è diventato realtà, la storia di un diritto negato che andava conquistato per garantire l'integrazione e la giustizia. Sono figlio dell'Italia e dell'Albania, cresciuto in questo mondo, diviso tra due stati, due lingue e due popoli. Come altri italiani, da bambino sono rimasto in Albania alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in un'Europa che ritrovava la libertà e la pace dopo gli anni bui della guerra. Ho vissuto sulla mia pelle la complessità dell'identità, dell'appartenenza e della discriminazione, ma soprattutto del lavoro dimenticato. Nella mia vita sono sempre stato Giorgio l'italiano in Albania e Giorgio l'albanese in Italia. Come tanti altri connazionali ho lavorato molti anni in Albania. In quegli anni duri abbiamo lavorato onestamente con sacrificio e senza risparmiarsi, contribuendo con le nostre mani alla costruzione di un paese, pur restando invisibili".

Betty Martinelli - video Virginia Carotta

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