“A casa ho schizzato di colore tutti i mobili e il pavimento della mia camera, mia mamma si è arrabbiata tantissimo e allora ho aperto un laboratorio”. Giulia Pomata lo dice con il sorriso: si diverte un sacco a parlare di sé, della sua arte, della sua immensa passione e di come la liberi e la faccia sentire felice.
E poi, non è assolutamente vero che mamma Alessandra si è arrabbiata. Anzi, è l’esatto contrario, “anche perché se ho iniziato a dipingere lo devo a lei, che per prima ha capito questa mia attitudine e mi ha dato lo spunto e le giuste motivazioni per andare avanti”.
Lei, Giulia Pomata, è una simpaticissima ragazza di Pegli, ha venticinque anni, ha frequentato il liceo artistico ‘Barabino’, ha esposto in varie collettive e ora si appresta a mostrare le sue opere all’interno del contesto più prestigioso che le sia finora capitato: dal 16 al 18 febbraio (ma con un’anteprima su inviti il 15 febbraio) sarà al Padiglione Jean Nouvel della Fiera di Genova per ‘Arte Genova’, precisamente allo stand 180, nella sezione ‘Contemporary Art Talent Show’, dedicata agli artisti emergenti.
È un punto di partenza, non certo di arrivo, nel solco di una strada che Giulia immagina e spera molto, molto lunga: “Mia sorella Selene ed io che dipingiamo su dei cartoncini con gli acquerelli comprati dalla mamma all’uscita da scuola è uno dei primissimi ricordi di quando ero bambina. Avevo sei anni e già allora giocavo a mischiare i colori, cercando di creare il mio preferito. Da lì la mamma ha capito che avevo fantasia e creatività, ed ecco che sono andata avanti. Non solo la mamma, ma anche papà Gaetano (a Pegli per tutti è ‘Pommy’, ndr), che mi ha insegnato che nella vita bisogna avere immaginazione e che, soprattutto, bisogna crederci sempre”.
Gli acquerelli e i cartoncini, “spesso di grandi dimensioni”: questi sono gli albori di Giulia Pomata. “A Natale facevo lavoretti che poi regalavo o vendevo per avere un po’ di ‘paghetta’. L’arte l’ho sempre amata, anche alle scuole medie e poi alle superiori. Era l’unica materia in cui andavo bene. Non sono mai stata troppo a mio agio con gli studi in generale, ma se tornassi indietro tante materie le vorrei riprendere”.
Di sicuro, Giulia ha sempre amato “le discipline pittoriche”. Poi, è arrivato il lavoro dietro a un bancone, quello del ‘Bar Bolla’ di Pegli, dove sta da sei anni, “e per un certo periodo ho un po’ interrotto la mia attività artistica. Ma nel periodo del lockdown a causa del Covid tutto è ripartito. Dovendo stare a casa, perché il bar era chiuso, ho ripreso tele e pennelli in mano e mi sono riaccesa con una grande ispirazione. In tutti i momenti difficili della mia vita ho sempre cercato la pittura come via di fuga, come passione che mi ha fatto e mi fa stare profondamente bene. Dal 2020 ho iniziato a fare sempre di più e anche adesso che lavoro nuovamente a tempo pieno, appena posso mi dedico all’arte”.
Da una parte c’è questo talento che chiede di venir fuori, dall’altra ci sono “sempre più persone che apprezzano i miei lavori e mi spronano ad andare avanti. Per questo, dopo aver ‘rovinato’ l’ennesimo mobile, mi sono spostata in un laboratorio, dove tengo i miei quadri e dove realizzo quelli nuovi”.
L’importante è che sempre più persone li possano ammirare: anche stando al bar, Giulia ha imparato quanto la relazione umana sia essenziale, e allora “sempre più desidero portarli fuori, questi lavori”. Fuori nella vita reale, ovvero le mostre, ma anche nella piazza virtuale: “Ho creato un sito web (https://www.giuliapomata.com), ho una pagina su Instagram (https://www.instagram.com/giulia_pomata/), cerco sempre di rispondere a tutti”.
E poi le esposizioni: “Il mio debutto assoluto è stato a Pegli, presso il Club Artistico La Saletta. Poi, ho partecipato a una collettiva a Palazzo Ducale, a un progetto di Satura Art Gallery, a una collettiva a Barcellona, ‘Artificial Natur’, presso la ‘Hub/Art’. Quindi, mi sono candidata per ‘Arte Genova’ e sono stata selezionata. Porterò sette quadri, tutti di grandi dimensioni perché mi piace lavorare sul grande, per avere più spazio”.
Ma lavorare come? Qual è il metodo di Giulia Pomata? Quale il suo gusto? “Non sono mai stata attratta dal reale, dal dipingere quello che si vede o che vedo. Io amo dipingere quello che s’immagina. Mi piace la pittura astratta, quella è la mia specialità. Non voglio che lo spettatore si attenda da me figure esistenti. Io preferisco riprodurre del colore in movimento, per comunicare o ispirare un sentimento, uno stato d’animo, un’emozione. La tecnica, ovvero acrilico su tela, mi consente una certa fluidità: sono quadri che danno un effetto caotico ma, allo stesso tempo, anche armonioso. Mi ispiro a Pollock, ma anche a Man Ray, perché l’altra grande mia passione è la fotografia. C’è una sua frase che, secondo me, riassume tutto: ‘Dipingo ciò che non si può fotografare. Fotografo le cose che non voglio dipingere’”.
Magari la camera di Giulia rimarrà per sempre schizzata di colore, magari anche il suo studio diventerà sempre più così, “perché a volte la pennellata è un po’ più energica, ecco spiegato il motivo”. Ma che bello pensare che dentro quell’energia c’è un infinito amore verso quello che si fa. Immagina e poi credici: eh sì, chi lo dice a Giulia ha proprio ragione. E lei lo sa mettere in pratica giorno dopo giorno. È il senso della vita e anche questa, in fondo, è arte.
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