Il processo contro 15 ultrà del Genoa ha visto l'ex presidente Enrico Preziosi testimoniare, accusando gli imputati di perseguire solo interessi personali a discapito della squadra.
Preziosi ha affermato che gli imputati utilizzavano il loro potere per ottenere benefici finanziari sfruttando le difficoltà del club. Contrariamente a molti testimoni precedenti, Preziosi ha dichiarato di non aver mai avuto paura delle presunte estorsioni. Ha spiegato che, vivendo a Milano, non si interessava alla situazione locale dopo le partite, mentre l'ex amministratore delegato Zarbano, essendo a Genova, temeva per la sua sicurezza. Preziosi ha affermato di non aver mai versato denaro, lasciando le questioni operative a Zarbano. Ha inoltre menzionato un episodio del 2005 in cui gli è stato chiesto di confessare la vendita di una partita, minacciando un ricatto, ma lui ha rifiutato. Infine, ha ricordato un episodio del 2017 in cui gli venne chiesto di saldare un debito di 200mila euro, sostenendo che fosse solo un pretesto per ottenere denaro.
"Mi dissero che Milanetto aveva un debito di 200mila euro verso uno straniero e che sarebbe stato meglio che quel debito fosse saldato per evitare fatti spiacevoli". Secondo il patron del Grifone quella vicenda era solo "un pretesto per ottenere soldi".
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