“In questo processo si è cercato di dare una connotazione penale a una condotta che non è reato”. È questa la convinzione degli avvocati Nicola Dottore e Luca Mondino, che hanno assistito la professoressa saluzzese accusata in tribunale a Cuneo di abusi sessuali e stalking verso un suo ex alunno, all’epoca dei fatti 14enne e studente di scuola media.
Tutto iniziò nel dicembre 2017, quando il ragazzino, al quale era stato diagnosticato un limite nell’apprendimento, aveva iniziato a frequentare la terza media. In vista dell’esame gli era stata affiancata l’insegnante di sostegno, 42enne, cosicché lo aiutasse nello studio e nei compiti. Gli accordi presi inizialmente con la docente prevedevano che il ragazzo andasse a casa sua durante le vacanze di Natale per studiare.
La denuncia venne poi presentata dalla madre del minore, costituita parte civile nel processo, quando la situazione divenne a suo dire ‘non normale’. Cioè quando il figlio, una notte, in conseguenza di una lite in famiglia, si era fermato a dormire a casa dell’insegnante. Da lì la scoperta fatta dal genitore e dalla sorella del ragazzino di alcune foto intime della docente, insieme a messaggi, alle tracce di telefonate e all’immagine di un tatuaggio col nome del ragazzo che la donna si sarebbe fatta fare su una spalla.
Tra i due, come ha ricostruito la Procura, che aveva chiesto per la donna una condanna a 7 anni di carcere, e la famiglia del giovane tramite l'avvocato Fiammetta Rosso, ci sono stati rapporti sessuali. Il pubblico ministero ha sostenuto che il consenso del giovane sarebbe stato viziato. Ed è proprio questo il cuore del processo: il consenso del minore.
Per la difesa della donna il ragazzino sarebbe stato perfettamente in grado di autodeterminarsi e decidere: “Era attratto fisicamente dalla professoressa – ha sottolineato l’avvocato Dottore -. Lui ha deciso di passare la notte con lei e consumare un rapporto sessuale. Dove sta il reato? Non c’è”.
Nel corso dell’arringa difensiva, è stato evidenziato anche come il ragazzo avrebbe preso lui l’iniziativa di approccio fisico nei confronti dell’imputata: “Il giovane ci ha detto chiaramente di averla baciata per primo – ha continuato il legale -. Dove sta la costrizione mentale? Non è stato indotto da nulla e da nessuno. Lui era padrone della situazione”.
Quanto allo stalking, la Procura ha contestato alla donna alcune condotte che avrebbero causato “un perdurante stato di ansia nel giovane e alcune modifiche delle sua abitudini di vita”. L’avvocato Luca Mondino le ha ritenute tutte inesistenti, come inesistente è stata la pressione che il ragazzo avrebbe subìto dalla docente. “L’ha sempre cercata lui e continua tuttora a farlo – ha spiegato il difensore –. Questo non è la manifestazione di uno stato di ansia”.
Le tesi difensive non sono state però condivise dal Collegio, che ha condannato la donna a 3 anni e 10 mesi di reclusione, sostituiti dalla detenzione domiciliare, e all’interdizione perpetua dall'insegnamento.
Nel formulare l’accusa la Procura di Cuneo non aveva fatto riferimento all’età minore dell’allievo. La contestazione, infatti, era tutta incentrata sulle “condizioni di inferiorità psichica” del giovane, che sarebbe stato “indotto” dalla donna a consumare i rapporti sessuali. Il collegio dei giudici ha però riqualificato il fatto in atti sessuale con minore. La donna dovrà anche corrispondere un risarcimento di 30mila euro alla famiglia del giovane.
Al termine dell’udienza gli avvocati Nicola Dottore e Luca Mondino hanno manifestato l’intenzione di impugnare la sentenza di fronte alla Corte d’Appello una volta lette le motivazioni: “Valuteremo cosa fare vista anche la riqualificazione dei fatti nell'ipotesi meno grave di quella contestata originariamente. In merito alla condanna a 3 anni e 10 mesi di detenzione domiciliare, è l'unico aspetto apprezzabile stante il fatto che la Procura aveva chiesto 7 anni di reclusione in carcere”.
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