Il Nazionale

Cronaca | 28 marzo 2023, 15:59

Parla l’arbitro picchiato in campo: “Lascio l’arbitraggio ma l’amore per il calcio rimane”

Sabato scorso Emanuele Pergola, l’arbitro 18enne, è stato colpito alle spalle con un pugno in testa in una gara di Terza Categoria

Parla l’arbitro picchiato in campo: “Lascio l’arbitraggio ma l’amore per il calcio rimane”

Si tratta del terzo caso di violenza in campo nell’arco di un mese. Emanuele Pergola, 18 anni e arbitro da 2 anni, è stato preso di mira sabato pomeriggio durante la partita di terza categoria tra Vecchio Castagna e Dinamo Santiago. Durante la gara l'arbitro è stato colpito con un pugno in testa da un giocatore. Al termine del match nell'impianto di Quarto Alto il 18enne si è recato così all’ospedale dove gli è stato diagnosticato un trauma cranico e dieci giorni di prognosi. 

Come stai?

“Fisicamente ormai sto bene, rimane solo un po’ di mal di testa alla sera ma mentalmente meno.

Sono deluso e schifato”, dice il giovane arbitro. 

Continuerai ad arbitrare dopo questo episodio?

“No, ho deciso di mollare perché non penso sia fattibile una cosa del genere”.  

È la prima volta che si verifica un episodio di violenza di questa portata?

“Mi è capitato un evento simile a febbraio, in quel caso non sono stato toccato ma sono stato costretto a chiamare la polizia per farmi scortare fuori dall’impianto di San Desiderio. Durante la partita ho ricevuto varie minacce e ho dovuto ritardare la mia uscita dal campo perché c’erano tanti tifosi ad aspettarmi dall’uscita. Una volta entrato negli spogliatoi prendevano a calci e pugni la porta. È stato veramente brutto.

Dopo questo episodio mi sono preso due settimane di pausa, sono rientrato, ho arbitrato un paio di partite e al mio ritorno in Terza Categoria un altro brutto episodio. Penso che possa terminare qui”.

Da quanto tempo è che fai l’arbitro?

“Da due anni”.

È peggiorata la situazione in questi due anni secondo te?

“Sì, secondo me nel tempo le cose sono peggiorate. Ci sono gli insulti sugli spalti che ormai sono inevitabili e sono la normalità (anche se non dovrebbero essere la normalità). Qualsiasi decisione si prenda a una squadra va bene e all’altra no e viceversa o, nel peggiore dei casi, non va bene a nessuna delle due. 

È capitato rarissime volte di finire una partita senza proteste. In alcuni casi rari è capitato che una squadra che aveva perso la partita venisse a farmi i complimenti ma questi sono casi più unici che rari. 

Soprattutto quest’anno ci sono state diverse aggressioni ai colleghi".

Che cosa si potrebbe fare per cercare di arginare questa problematica?

“Non saprei, non possono nemmeno parlare di sanzioni poco severe perché in un’aggressione del mese scorso sono stati dati 5 anni di squalifica per aver aggredito un collega. Mi sembra una punizione esemplare.

Spero in una punizione esemplare anche nel mio caso”.

Hai avuto occasione di parlare con il tuo aggressore? Si è scusato?

“No, per fortuna non si è più fatto vivo. Per me le scuse non servono a questo punto. Ho ricevuto le scuse da parte del presidente e del capitano della Dinamo Santiago e ho accettato le scuse per educazione e rispetto. Penso sia troppo facile chiedere scusa dopo. 

Quando mi arrivava la designazione della partita fino a due mesi fa ero felice, ora mi devo preoccupare se il campo è pericoloso, devo controllare che le squadre non siano pericolose e che non abbiano avuto in passato sanzioni severe”.

Lascerai il mondo del calcio definitivamente?

“Non sono d’accordo con chi dice che il calcio fa schifo. Da quando ho 5 anni vivo nel mondo del calcio, ho giocato e ho arbitrato e quindi non riuscirò ad abbandonarlo”.

Marco Garibaldi

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