Se i muri di Torino potessero parlare, ne avrebbero di storie da raccontare. Moltissime di queste, verrebbero sicuramente fuori dalla sede comunale di via Giulio 22: gli spazi dove attualmente trovano spazio l'anagrafe centrale e i servizi sociali, infatti, fino al 1973 hanno ospitato un manicomio. A 50 anni dalla sua chiusura, la Città ha voluto commemorare l'anniversario con una cerimonia ufficiale andata in scena ieri mattina.
Un palazzo che ha segnato la storia
La struttura, progettata dall'architetto Giuseppe Maria Talucchi, fu inaugurata nel 1834 da re Carlo Alberto e ha attraversato più di un secolo di storia d'Italia, segnando le evoluzioni nel campo della psichiatria e, più in generale, nella cura della salute mentale: “Abbiamo voluto questa cerimonia - ha sottolineato l'assessore al welfare Jacopo Rosatelli – per celebrare un doveroso momento di memoria: questi spazi, infatti, 50 anni fa hanno acquisito una nuova vita che si è poi concretizzata negli anni '80 con al creazione della sede dei nostri servizi civici e sociali. Colgo l'occasione per ribadire il fatto che non dobbiamo essere una società dei sani che vuole difendersi dai devianti, ma un'unica società che tutela la salute mentale”.
Da luogo di sofferenza a simbolo di umanità
Alla cerimonia ha partecipato anche Annibale Crosignani, psichiatra simbolo (insieme a Franco Basaglia) della chiusura degli ospedali psichiatrici e del superamento di un modello oppressivo: “In questi spazi – ha dichiarato – si è consumato il dramma di 100mila persone, molte delle quali etichettate come folli perché appartenenti ai ceti poveri. Sempre in questi spazi, così come a Collegno e non solo, negli anni '60 siamo riusciti a vincere la guerra contro le forze conservatrici, dimostrando l'umana incompatibilità dei manicomi e liberando quelle vite dalla sofferenza. Tutto questo anche grazie al supporto di colleghi rivoluzionari, del movimento studentesco, dei giornali e dell'opinione pubblica”.
Il Sigillo Civico ad Annibale Crosignani
Crosignani è stato recentemente insignito del Sigillo Civico su proposta del Consiglio Comunale: “La comunità terapeutica che avviammo nel 1969 – ha concluso – ha consentito alle persone prima internate di essere trattate come esseri umani, dimostrando le ottime possibilità di recupero sociale. Da lì abbiamo aperto la strada per la psichiatria di territorio e per la futura legge 180, chiudendo le pagine di una brutta storia grazie a umanità, professionalità e passione”.
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