Il Nazionale

Cronaca | 02 luglio 2025, 06:10

Delitto di Nada Cella, Soracco torna a parlare in aula e smentisce: “Trattato come un mafioso, era tutto falso”

Le dichiarazioni spontanee del datore di lavoro della donna uccisa il 6 maggio di quasi 30 anni fa nello studio di via Marsala a Chiavari

Delitto di Nada Cella, Soracco torna a parlare in aula e smentisce: “Trattato come un mafioso, era tutto falso”

Di Anna Lucia Ceceredal 1996 non ho mai saputo più niente, quando all'epoca chiesi dissero che erano segnalazioni che non avevano portato a niente”. Marco Soracco lo spiega in aula mentre rilascia dichiarazioni spontanee, la seconda volta dall'inizio del processo sul delitto di Nada Cella, sua segretaria, massacrata sul posto di lavoro il 6 maggio di quasi 30 anni fa nello studio di via Marsala del commercialista di Chiavari, imputato per favoreggiamento. 

È solo uno dei passaggi di lunedì mattina in aula quando Soracco ha preso la parola, smentendo le ricostruzioni e quanto fin qui emerso, dalle indagini prima e dalle testimonianze di questi mesi poi, sul rapporto con l'unica imputata a processo per il delitto ma anche sul citato fermacarte, una delle due possibili armi utilizzate per l'omicidio, e ancora in ordine al clima di omertà che circondò e circonda la vicenda ancora oggi in quel lembo del levante genovese.

Si è parlato di me come se fossi un mafioso, della mia famiglia come potente. Ma i Soracco non avevano alcun potere”. Tutto falso, secondo Soracco: il riferimento è alle parole di molti dei testimoni che, nel 2021 alla ripresa delle indagini ma anche in questi mesi in aula, hanno giustificato silenzi passati o spiegazioni a metà, arrivate fuori tempo massimo, con il timore quasi reverenziale nei confronti del commercialista e della sua famiglia.

Silenzi e 'non ricordo' che più volte sono risuonati in aula da febbraio ad oggi, con l'apertura per la prima volta in 30 anni di un processo sul delitto di Nada, trucidata a 24 anni da una mano rimasta ignota per tre decenni. Che nella tesi dell'accusa sarebbe quella di Anna Lucia Cecere, ex insegnante oggi cuneese ma con un passato nella riviera di Levante, unica imputata per omicidio, mai comparsa in aula.

Su di lei e sul rapporto con Soracco, che nell'ipotesi accusatoria l'avrebbe coperta, le deposizioni dei teste in quattro mesi hanno circostanziato da più parti una frequentazione, sempre smentita dai due diretti interessati. Che però servirebbe a spiegare la presenza della donna nello studio-scena del crimine: un delitto d'impeto, nato forse da una discussione degenerata in rabbia incontrollabile, con la giovane Nada che si trovò in mezzo, dopo aver ricevuto l'ordine di non passare più al commercialista le telefonate e i tentativi insistenti di contatto da parte della donna, che avrebbe frequentato da almeno un anno prima del delitto.

Si è parlato anche del fermacarte di onice, dalle ultime indagini identificato come una delle due possibili armi utilizzate per uccidere Nada, insieme ad una pinzatrice. Faceva parte di un set da scrivania nello studio di Soracco, a suo tempo sequestrato, poi riconsegnato su richiesta al legittimo proprietario dopo la chiusura dell'indagine a suo carico, nel 1998. Fermacarte da allora scomparso. 

Il commercialista ha parlato anche di quello, sostenendo di non averlo mai utilizzato. Arma impropria, forse presa in modo estemporaneo, per aggredire in un crescendo di violenza. Il primo oggetto e più vicino alla porta di ingresso dello studio, dove i rilievi dell'ultima indagine collocano gli effettivi primi colpi dell'aggressione, culminata nella stanza della segretaria ma iniziata quasi sulla porta.

Ci sono le risposte, nelle parole del commercialista, anche alla testimonianza del suo collega Paolo Bertuccio, che all'epoca disse di aver ricevuto una confidenza da Soracco poco prima del delitto. “Ci sarà una botta, e la ragazza sarà portata via”. Parole che, dopo la morte di Nada, avevano assunto un valore tale da portare Bertuccio a riferirle agli inquirenti. “Raccontai, passando per lo scemo del villaggio”, ha detto l'uomo non più tardi di tre settimane fa, sentito come teste. “Non era un amico  e non gli avrei fatto rivelazioni private”, ha aggiunto ieri Soracco. Chiosando: “Sono cose senza senso logico”.

Valentina Carosini

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