Quella di ieri sera, giovedì 16 febbraio, è stata la seduta più difficile del Consiglio provinciale di Cuneo dal 2014, data della riforma Delrio.
Tre ore di intensa discussione per decidere – dopo un lungo tira a molla – di rinviare al 23 febbraio ogni decisione.
Oggetto del confronto la mancanza dal bilancio 2023 di quasi 4 milioni di euro (3 milioni e 960 mila euro, per la precisione) a seguito della decisione della Regione di destinare i proventi dei canoni idrici direttamente ai Comuni montani e non più alla Provincia.
Una scelta che, da quanto è emerso, riguarda esclusivamente la Provincia di Cuneo, ma non le altre Province piemontesi.
Convitato di pietra, il presidente della Regione, Alberto Cirio, anche se nessuno – ha addebitato a lui la decisione.
Anzi, a ben vedere i convitati di pietra erano due: oltre a Cirio anche il capogruppo regionale di Fratelli d’Italia, Paolo Bongioanni, autore dell’emendamento che ha determinato il cambio di indirizzo della Regione su questo tema.
Il presidente della Provincia, Luca Robaldo, ha avuto il suo bel da fare per evitare che la seduta si trasformasse in uno scontro istituzionale.
Robaldo ha cercato di mediare fino all’inverosimile, quando – data l’ora e appigliandosi alla proposta di mediazione avanzata dalla consigliera braidese de “La Nostra Provincia” Bruna Sibille - ha deciso di rinviare alla prossima settimana ogni decisione.
Ha ricevuto mandato dall’assemblea di predisporre il testo di una lettera – sottoscritta da tutti e 12 i consiglieri provinciali – da inviare quale formale richiesta di incontro al presidente Cirio e ai consiglieri regionali eletti nel Cuneese per vedere se e come superare l’inghippo.
Il consigliere Mauro Astesano, sindaco di Dronero, che ha la delega al Bilancio, ha spiegato che, in assenza di quella cifra importante, si dovranno apportare pesanti tagli che andranno necessariamente a penalizzare interventi su strade ed edilizia scolastica.
Particolarmente duro l’intervento del consigliere Silvano Dovetta, sindaco di Venasca e presidente dell’Unione dei Comuni della valle Variata.
“Non possiamo accettare – ha detto – un trattamento discriminatorio nei confronti del nostro territorio. Ho avuto modo di avere uno scambio di vedute con Cirio domenica scorsa durante la Baìo di Sampeyre, il quale mi ha spiegato che quel provvedimento non lo aveva visto precisando di non condividerlo. A questo punto – ha aggiunto Dovetta – tocca alla Regione trovare una soluzione, altrimenti il Cuneese viene considerato un territorio di serie B rispetto alle altre realtà del Piemonte”.
Anche il collega Davide Sannazzaro ha chiesto alla Regione di fare chiarezza invitando alcune forze politiche – il riferimento (tacito) era soprattutto rivolto a Fratelli d’Italia – uscendo dall’ambiguità.
I consiglieri provinciali di centrodestra, Massimo Antoniotti (Forza Italia), già reggente per qualche mese dell’Amministrazione provinciale dopo le dimissioni di Federico Borgna, e Simona Giaccardi (Lega) non ci sono stati a mettere sul banco dell’accusa la Regione.
Idem Marco Bailo, unico esponente di Fratelli d’Italia rimasto l’unico a non aver dato il proprio assenso al programma politico-amministrativo di Robaldo.
Antoniotti, in particolare, ha posto l’accento sul fatto che occorre quanto prima mettere mano al riordino dell’ente Provincia, soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti.
Robaldo ha dovuto fare appello a tutte le sue doti di mediatore per evitare di aprire un pericoloso scontro tra Provincia e Regione dagli esiti imprevedibili.
In attesa degli sviluppi (che al momento non s’intravvedono), la seduta di ieri sera ha evidenziato due grandi criticità, una istituzionale e l’altra politica.
Per quanto concerne la prima, si è avuta la netta sensazione che la Provincia avanti così non può andare. Senza una “riforma della riforma” si va al collasso.
Per ciò che riguarda l’aspetto politico, è emerso in tutta evidenza che la maggioranza “ecumenica” in Provincia non regge più: si è infatti percepita quanto sia fragile soprattutto considerando l’approssimarsi delle elezioni regionali.
Ogni gruppo vuole iniziare a “marcare” il proprio territorio (in questo caso partitico) in vista della battaglia elettorale del 2024.
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