Il Nazionale

Cronaca | 26 ottobre 2022, 18:16

A Bra un "locale" dell’ndrangheta: in primo grado pene per 44 anni a tre imputati nell’inchiesta Dda

Pene per 17 e 16 anni ai fratelli Salvatore e Vincenzo Luppino, 11 anni a Giuseppe Stanga. Assolto un terzo fratello. Cade l’accusa di favoreggiamento aggravato nei confronti dell’appuntato dell'Arma Vincenzo Gatto

A Bra un "locale" dell’ndrangheta: in primo grado pene per 44 anni a tre imputati nell’inchiesta Dda

E’ arrivato venerdì 21 ottobre, a 27 mesi dall’operazione che il 30 giugno 2020 portò la Direzione Distrettuale Antimafia di Torino a disporre 12 arresti (8 in carcere e 4 ai domiciliari) e a iscrivere altre 20 persone nel registro degli indagati, il verdetto con cui il tribunale penale di Asti si è espresso in merito a quello che gli investigatori definirono come "il primo locale dell’ndrangheta sgominato in provincia di Cuneo".

Condanne pesanti, anche se al di sotto delle richieste avanzate dall’accusa, quelle decise dopo una camera di consiglio durata quasi dieci ore dal collegio del Tribunale di Asti presieduto dal giudice Matteo Bertelli Motta.

Diciassette anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso è così stata la pena inflitta a Salvatore Luppino, 67 anni, secondo la tesi dell’accusa l’esponente di punta della famiglia originaria di Santa Eufemia d’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, cui avrebbe fatto capo l’organizzazione ’ndranghetista da tempo radicata nel centro braidese, dove il gruppo familiare è conosciuto per avere gestito diversi bar e locali pubblici.

Per l’uomo, difeso dall’avvocato torinese Renato Cravero, i pubblici ministeri Dionigi Tibone e Paolo Cappelli avevano chiesto una pena pari a 28 anni, ma i magistrati lo hanno assolto dai diversi capi di imputazione relativo al traffico di droga.

Di poco inferiore, 16 anni, la pena inflitta al fratello Vincenzo, 58enne, contro i 22 chiesti dall’accusa, anche in questo caso in ragione del mancato accoglimento di parte delle contestazioni, sulle quali i giudici si sono espressi per la non colpevolezza.  

Assolto da tutte le accuse un terzo fratello, il 69enne Carmelo Luppino, per il quale la richiesta dell’accusa era stata quantificata in 17 anni, mentre a 11 anni di reclusione è stato condannato un quarto imputato, Giuseppe Sganga, 64 anni, per il quale il collegio ha in buona parte accolto una richiesta di un anno soltanto inferiore.

Nell’inchiesta era stato anche coinvolto Vincenzo Gatto, appuntato dei Carabinieri in congedo, ora condannato a 4 mesi (pena sospesa) per rivelazione di segreto d’ufficio e assolto invece, "perché il fatto non sussiste", in merito alla più pesante contestazione (3 anni la richiesta della Procura torinese) concernente l’ipotesi di favoreggiamento aggravato.

Soddisfazione viene espressa dal suo legale, l’avvocato Pier Mario Morra. "E’ stata provata la sua estraneità all’accusa di favoreggiamento della consorteria 'ndraghetista, il che restituisce dignità alla storia di uomo che ha speso la propria esistenza a servizio dell’Arma. Attendiamo come sempre di conoscere le motivazioni della condanna arrivata per la rivelazione semplice di un segreto, ma anche qui noi divergiamo rispetto a quanto sostenuto dall’accusa in merito all’unica intercettazione telefonica in cui il mio assistito viene citato. Noi abbiamo sempre rappresentato che l’appuntato Gatto non ha rivelato nulla, anzi. Era lui che, come carabiniere, voleva acquisire informazioni. Sull’ermeneutica di quell’intercettazione, dove ci sono persone terze e dove Gatto non è un interlocutore diretto, ci rivolgeremo quindi alla Corte d’Appello di Torino".

Redazione

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