Non c’è due senza tre? Eh no, stavolta no. Anche perché Reggio Emilia, stasera, non ha nemmeno avuto modo di impensierire questa Varese.
Incompleta, senza gioco (11-17 il computo degli assist), pesante nella testa: i padroni di casa non sono stati in grado di testare la tenuta biancorossa nei finali, messa invece in crisi da Brescia e Trento in due delle quattro gare quasi fotocopia di questo inizio campionato.
Perché quasi fotocopia? Perché la Openjobmetis di quest’anno non aspetta gli avversari, non li studia, non ne ha timore: dalla contesa in poi cerca di imporsi e spesso ci riesce. La vittoria rende ancora più evidente il concetto, certo, ma anche nelle sconfitte la squadre di Brase ha dimostrato un incedere efficace e baldanzoso. E’ per questo che gli zero punti messi in saccoccia nelle due occasioni citate hanno gridato vendetta al dio della palla al cesto.
Lo stesso dio che ha baciato Ross e soci di caratteristiche che si fanno sempre più evidenti e colorano di verde i sogni e il futuro. Due su tutte.
La prima. Sono anni che non si vedeva una Varese giocare così bene il pick and roll. Merito di Ross, talento cristallino nel fondamentale: Colbey ha il tempismo del tocco e lo impregna di fantasia, sia che serva a serviere il rollante, sia che la decisione sia di mettersi in proprio. Una gran arma, soprattutto a difesa schierata, contro la quale talvolta si tende ancora a battere in testa.
La seconda. Quello di Brase pare un platoon system azzeccato: la panchina non fa scendere il livello quando con i suoi uomini subentra al quintetto base. Merito di De Nicolao, oggi colpevole di alcuni erroracci ma sicuro in regia (6 assist) e decisivo nel finale in difesa su Olisevicius. Merito di Caruso, finto panchinaro finché nei suoi avventi sul parquet riuscirà a essere splendido terminale dei giochi a due di cui sopra e a mettere il corpo contro i pivot opposti.
Merito di Reyes: vero che il nostro ha sempre “quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così...” che se a Paolo Conte piacesse il basket metterebbe Portorico in fondo alla frase invece che Genova... Però ogni tanto si ricorda di estrarre dalla sua timidezza giocate che fanno cantare per come sa controllare il suo corpo in acrobazia. E merito, infine, anche della cerbottana di Bra, che oggi con cinque liberi lucrati sulle sue spingardate ha tenuto in piedi i compagni nell’unico vero momento di difficoltà offensiva.
Una panchina così è oro. Un Brown così - sì merita ancora una volta la citazione per come ha difeso e spaccato la partita con triple e intelligenza - è diamante.
Avremmo potuto essere primi... Fa niente.
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