La battaglia della giovane Valeria Cinieri, astigiana di 24 anni, per riportare a casa dal carcere il padre, Maximiliano, 45 anni malato di Sla, continua senza sosta.
La giovane vuole replicare alle note dei giorni scorsi del presidente del tribunale, Giancarlo Girolami e del procuratore Vincenzo Paone che hanno rimarcato come le condizioni attuali di Cinieri, dopo la relazione del perito, siano compatibili con il carcere.
Una pena di otto anni
L'uomo dallo scorso agosto è in carcere per estorsione e deve scontare una pena di otto anni, ma la figlia Valeria e la moglie Lidia, sostengono che non ci siano le condizioni e rimarcano che si tratta 'solo' di un primo grado.
La malattia era iniziata, subdola, nel 2019 ma la diagnosi di Sla è arrivata solo nel dicembre 2021.
"Mio papà - spiega Valeria - non usa più le mani, ha la lingua atrofizzata e deve bere con addensanti. Inoltre è su una sedia a rotelle".
Il presidente del tribunale, Girolami, ha spiegato: "Il GIP ha adottato il provvedimento a seguito e sulla base di quanto appurato dal perito da lui nominato d’ufficio, perito che dopo aver esaminato tutta la documentazione medica e visitato il detenuto, ha concluso per la piena compatibilità, al momento, delle condizioni di salute di Cinieri con la detenzione in carcere".
Il tribunale del riesame ha respinto l'impugnazione
E aggiunge: "Contro la decisione del GIP del Tribunale di Asti la difesa di Cinieri ha proposto impugnazione e il Tribunale del riesame (organo collegiale) di Torino ha respinto l’impugnazione, confermando la decisione del GIP e confermando quindi la compatibilità delle condizioni di salute di Cinieri con la detenzione, sulla base di quanto affermato dal perito d’ufficio. E’ fuorviante ed errato quindi asserire che il GIP del Tribunale di Asti si ostina a tenere in carcere una persona che, a detta di tutti i medici, non vi dovrebbe stare per le condizioni di salute, come è fuorviante una ricostruzione parziale dei fatti, che ometta la notizia più importante, cioè il fatto che la decisione del GIP si fonda su una perizia medica d’ufficio di organo super partes ed è stata confermata dal Tribunale del riesame di Torino".
Il procuratore Paone aveva aggiunto "Il Tribunale del Riesame ha ribadito la correttezza della decisione del Gip di Asti, oltre a confermare la particolare gravità delle esigenze di sicurezza, che giustificano l'applicazione della misura coercitiva carceraria".
Il dirigente sanitario del carcere: "Non è collocazione idonea per un detenuto con le caratteristiche di Cinieri"
Ma Valeria non ci sta e tuona: "A seguito della perizia c'è stata un'altra relazione del dirigente sanitario del carcere Don Soria, Roberto Carbone, che sostiene l'incompatibilità di papà che è peggiorato, ma il tribunale della libertà non la ha accettata perché mandata dopo l'udienza".
Nella relazione del 28 marzo si legge che "La gestione carceraria di un detenuto con le caratteristiche cliniche di Cinieri, sarebbe estremamente complessa e metterebbe in grossa difficoltà tutta l'area sanitaria e il nucleo traduzioni per le costanti e imprevedibili visite da effettuarsi all'ospedale [...]. Infine le numerose barriere architettoniche dell'istituto non farebbero che peggiorarne le difficoltà".
E conclude "Il carcere non è collocazione idonea per un detenuto con le caratteristiche di Cinieri".
"Non hanno considerato le attenuanti"
Il giudice però sostiene che Cinieri debba rimanere in carcere per via della reiterazione del reato. "Papà - lo difende strenuamente Valeria - è a piede libero per estorsione e la condanna per l'usura è stata aggravata perché ha parlato con un testimone. Non c'erano gli estremi per la minaccia e lo stesso testimone lo ha dichiarato. Papà non è condannato in definitivo. Non hanno considerato le attenuanti".
La famiglia è in contatto con la garante dei detenuti, Alice Bonivardo che è preoccupata e dispiaciuta per la situazione.
"A papà era stato proposto un ricovero di 15 giorni. Dicono che lo abbia rifiutato ma non è vero, avrebbe dovuto stare in totale isolamento ed era psicologicamente a terra, pensava solo alla sua famiglia e alla morte. Ha chiesto di fare meno giorni (tre) e a mia madre è stato negato di portargli almeno un po' di conforto".
Aggiunge la moglie Livia: "Datemi l'opportunità di poterlo accompagnare in un momento così brutto della sua vita , di potergli stringere la mano, di sentire ancora la sua voce e di sentirsi ancora coccolato per quanto ci rimane".
Per il momento Maximiliano resta al suo posto al Don Soria, ma anche i compagni per protesta fino a domenica faranno la “battitura delle sbarre” per un'ora al giorno.
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