È facile portarsi a casa le partite perfette, quadri in cui le pennellate si adagiano l’una sull’altra senza esitazioni né sbavature, a formare un capolavoro di logica e precisione.
Meno semplice, molto meno, è restare a galla tra errori e difficoltà, doversi sudare ogni canestro, essere costretti a interpretare una contesa che cambia senso in continuazione, soffrire per 40 minuti senza alcuna certezza di spuntarla.
Le vittorie che ne derivano, nel caso, valgono di più: sono vittorie da squadra matura, vera, distinguibile da quelle che invece possono solo accontentarsi di seguire ogni volta un destino già scritto, bello o brutto che sia.
Ci sono successi da salvezza e successi da playoff: quello di Brindisi, per Varese, è stato un successo da playoff.
Al PalaPentassuglia la Openjobmetis ha dovuto sempre trovare una risposta diversa, agli avversari così come al copione del match. La prima è stata la difesa, perfetta in area per 20 minuti, surrogato memorabile di triple che non ne volevano sapere di entrare (1/14 da 3 al 21’): ciò che da una parte i tiri sbilenchi (ma puliti, grazie al ritorno di Keene) disfacevano, dall’altra parte veniva prontamente recuperato grazie alle fila serrate da movimenti collettivi e concentrazione entrambi di gran fattura.
Poi quei quattro falli di squadra in nemmeno tre minuti del secondo tempo e l’impossibilità di tenere quindi lo stesso ritmo difensivo: Varese ha allora scelto di farsi infilare a ripetizione da Perkins, ma ha anche capito di dover iniziare a macinare in attacco per rimanere attaccata al match. E così è stato.
Quindi il gran finale, aiutato prima dalla buona sorte (Brindisi ha sbagliato a sua volta l’impossibile dall’arco), poi da un’ennesima metamorfosi, stavolta anche individuale: quella di Keene, l’eroe offensivo che si trasforma in eroe difensivo, con quel guizzo a rubare palla proprio a Perkins.
Il colpo di reni di chi, con la sola sua presenza, è in grado di aumentare la qualità del prodotto biancorosso, fornendo imprevedibilità sostanziosa a ciò che a volte (si è visto contro Pesaro e Milano) rischia di diventare solamente una bellissima ma disarmata filosofia? Certamente, ma vorremmo anche andare oltre nell’analisi: quando è arrivato alla corte di Vertemati, il Nano era poco più di un "clown" offensivo, buono per far strabuzzare gli occhi dopo una tripla presa da 9 metri… Oggi ha risolto una gara in difesa…
È il percorso, ancora una volta, a strabiliare. Un percorso da playoff.
Commenti