Una tenda leggermente imbiancata, sferzata dall'aria fredda. E' una ferita in un giorno di festa l'immagine che la nevicata scesa su Torino consegna ai cittadini torinesi che, euforici per i fiocchi bianchi, hanno passato la mattinata di ieri in un clima di spensieratezza.
Il giaciglio di fortuna, realizzato con scatoloni e valigie, ha un ombrello e un telo per riparare chi vi abita dentro. Fuori dall'ingesso un semplice tavolino, un mazzo di fiori coperto di neve e una teca con la scritta "grazie" per le offerte.
La cornice di per sè sarebbe anche mozzafiato: alle spalle della tenda si erge il museo del Risorgimento e il monumento a Carlo Alberto si imbianca della stessa neve che copre la "casa" del clochard che la abita. Se la prima immagine è affascinante, la seconda è un pugno alla bocca dello stomaco che toglie il fiato per la violenza di questo contrasto. Tanta desolazione e tristezza dinnanzi al più grande spazio espositivo di storia della patria, il più antico e il più importante museo dedicato al Risorgimento italiano.
Quella tenda ricoperta di neve riporta in auge un tema di cruciale importanza ogni giorno dell'anno, ma che si acuisce in inverno: la solitudine degli ultimi. Di quei senzatetto che durante una mattinata di neve cercano riparo in giacigli di fortuna, sotto i portici delle piazze auliche o nelle gallerie del centro di Torino. Gli ultimi. Quelli dimenticati da tutti o quasi, che stringono in silenzio una coperta mentre attorno a loro la vita scorre normalmente.
Meno di un anno fa furono due i clochard uccisi dal freddo. La Città, dopo aver aperto il centro di accoglienza di via Traves, è al lavoro per individuare luoghi più centrali in grado di ospitare i senzatetto: locali in muratura, riscaldati. Con docce. In giornata la neve smette di cadere. La ferita, al momento, rimane invece aperta.
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