Il Nazionale

Cronaca | 07 dicembre 2021, 19:48

Processo Tenda Bis: la Procura chiede la condanna di tutti gli imputati. La parola alle difese

Secondo l’accusa i materiali ferrosi sarebbero stati rubati dal cantiere per rivenderli come scarti di lavorazione

Processo Tenda Bis: la Procura chiede la condanna di tutti gli imputati. La parola alle difese

È agli sgoccioli il procedimento penale in corso al Tribunale di Cuneo sull'ormai nota vicenda del "Tenda bis". Il processo si è sdoppiato in due tranche, una delle quali, quella che riguarda la presunta violazione dei reati più gravi, è finita al palazzo di giustizia Bruno Caccia di Torino.      

Il “troncone cuneese” verte su contestati furti di alcune basi d’appoggio, tecnicamente “centine”, che avrebbero dovuto essere destinate alla realizzazione della galleria Tenda Bis.

La presunta serie di sottrazioni  ha comportato il rinvio a giudizio del direttore tecnico A. F., i capi cantiere G. A. e A. P. e gli operai L. M. e N.D.R., tutti dipendenti della Grandi Lavori Fincosit.

Parti civili nel procedimento, L’Anas e il Comune di Limone Piemonte.

LA FASE DELLE INDAGINI

Tutto iniziò nel maggio del 2016, con il sequestro del cantiere di Limonetto. La Guardia di Finanza di Cuneo, ricevute alcune segnalazioni che riguardavano una presunta rivendita di gasolio e materiali da costruzione da parte di alcuni addetti della ditta appaltatrice per il raddoppio della galleria Tenda, iniziò una corposa indagine investigativa.

Attraverso intercettazioni, pedinamenti e perquisizioni, si è appreso che le “centine” sarebbero state rivendute dopo essere scaricate sul cantiere di Limone Piemonte. Sugli atti di indagini, stando ai soli carichi tracciati dalla Gdf, si tratterebbe di una ri-vendita, dunque un ammanco, di circa 212mila tonnellate di materiali ferrosi con un guadagno di circa 23mila euro. Il periodo preso in considerazione va dal gennaio 2014 al maggio 2017.

Si ritiene però che il guadagno possa essere superiore al 100mila euro, in quanto la rivendita sarebbe stata effettuata tutta in nero per 850 euro a tonnellata. I presunti ammanchi, secondo la tesi difensiva, sarebbero solo degli scarti di lavorazione.

IL DIBATTIMENTO

Ad aprire la requisitoria del procuratore Onelio Dodero, un quesito: “Perché sono state ordinate sempre più centine di quelle che in realtà servivano? Perché dovevano essere subito smaltite e non, semmai, accantonate e utilizzate in un secondo momento?”

Con queste parole il p.m. ha sostenuto la sua accusa, sottolineando come il ferro venisse caricato sul camion “nascosto sotto al mucchio di rifiuti”. Ancora, il Procuratore ha evidenziato nella sua requisitoria che un carico del 27 ottobre 2017 doveva ritardare il viaggio in discarica, perché la Guardia di Finanza, in quel momento, controllava le strade.

“Il dato di fatto è che si è risparmiato, tranne l’Anas che ha pagato tutto. Il cantiere del Colle di Tenda è un cantiere particolare, perché è successo di tutto - ha continuato sarcasticamente il pm - .Come ha riferito l’operaio L.M. agli inquirenti: ‘vedevo che erano tutti materiali stoccati sul cantiere e che dopo poco non c’erano più. Più di una volta mi è capitato di lamentarmi perché mi mancava il ferro. Nessuno teneva il conto delle centine smaltite’. Non si è rispettata assolutamente la disciplina, eppure si sostiene essere stato tutto lecito.”

Questa la conclusione dell’accusa che ha portato a chiedere la condanna di tutti gli imputati: per il capocantiere A.F. 7 anni e mezzo di reclusione, oltre al pagamento di 3100 euro di multa per i reati di furto e detenzione illecito di materiale esplosivo, più 3 mesi di arresto per le presunte violazione ambientali derivate dallo smaltimento dello smarino; per i capi cantiere, cui è contestato solo il furto, G.A. e A.P. rispettivamente 4 anni e mezzo di reclusione oltre a 900 euro di multa e 5 anni e 4 mesi di reclusione 1700 euro di multa; per gli operai (furto e detenzione di materiale esplosivo) L.M. e N.D.R. rispettivamente 4 anni e mezzo di reclusione e 900 euro di multa e 5 anni di reclusione e 1500 euro di multa.

A seguire, le richieste delle parti civili, Anas e il comune di Limone Piemonte, quantificate rispettivamente in 20mila euro di provvisionale in caso di condanna e di 400mila euro di risarcimento danni per ciascuno anno di blocco del cantiere (a partire dal maggio 2017).

Secondo l’arringa difensiva dal legale di A.F., l’avvocato Andrea De Carlo, non si può parlare di furto di ferro perché il materiale che non veniva usato in cantiere, era da considerarsi rifiuto.

Come riferito dall’ingegnere per gli acquisti della Fincosit, il cantiere sarebbe stato completamente autonomo nella gestione dei rifiuti. “Il punto non è che il ferro fosse vecchio o nuovo, è che non è stata fatturata la vendita -ha sostenuto l’avvocato-. La società Grandi Lavori Fincosit non si è costituita parte civile e non ha presentato nessuna querela per quanto accaduto. In sette mesi di intercettazioni non sono emersi contatti tra A.F. e chi smaltiva il ferro, fino a quando avendo notato irregolarità nella documentazione sul trasporto dei rifiuti, chiese lui stesso a un consulente esterno di verificare tutti i documenti”.

Il difensore Andrea De Carlo ha chiesto l’assoluzione per insussistenza del fatto o perché non costituisce reato e in caso di riqualificazione come appropriazione indebita, il non doversi procedere per mancanza di querela. Ad associarsi alle conclusioni, anche conclusioni anche l’avvocato Naccarato per A. P., evidenziando la totale mancanza di intercettazioni o di incontri con i collettori da parte del suo assistito. L’avvocato Paolo Verra per N. D. R. si è rifatto alla memoria difensiva depositando le proprie conclusioni scritte.

Il prosieguo, il 21 dicembre.

CharB.

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