Torna spesso il riferimento al mondo che ruota intorno alla Chiesa nell’omicidio della giovane segretaria Nadia Cella, come un “leitmotiv” che si ripropone in fasi anche salienti di questo cold case, pur rimanendo sempre defilato.
E forse solo facendo luce su questa ombra così ingombrante, si potrà aggiungere un tassello in più, a quel variegato puzzle che è ornai diventato il caso di Nada.
Per una strana coincidenza il commercialista Marco Soracco conobbe Annalucia Cecere sul sagrato di una chiesa di Chiavari. “Me la presentò un amico - ricorda il libero professionista - ma non ci feci caso più di tanto”.
Forse Marco non notò Anna ma lei notò lui, visto che da quel momento la ragazza, allora 23enne, si mise in testa di conquistare il suo cuore e la sua posizione sociale.
Del resto Annalucia frequentava gli ambienti del Clero, al quale doveva molto, visto che da ragazzina, senza i genitori che potessero badare a lei, insieme alla sorella fu cresciuta in un istituto religioso, una casa famiglia, a Santa Margherita Ligure. Proprio ai religiosi chiese ancora aiuto quando si trasferì, ormai ventenne, a Chiavari, vivendo per alcuni mesi in convento, per poi trasferirsi in un alloggio in corso Dante, messo a disposizione dalle suore della “Opera Pia Carità e Lavoro”.
Anche Soracco è molto vicino al mondo ecclesiastico: candidato nel 1993 per la Dc, il padre era segretario di sezione, mentre lo zio braccio destro dell’onorevole Lucifredi. È da questi rapporti così stretti, che è nato il sospetto che l’anonima che telefona ad inquirenti, avvocati e alla mamma di Soracco, per dire di aver visto Annalucia stravolta e sporca di sangue in via Marsala mentre sale sul suo Piaggio blu, sia una suora o qualcuno che frequenta il mondo religioso.
Lei si definisce “signorina”, nome dato anche a chi si occupa di dar da mangiare e intrattenere i bambini accolti nelle case del Clero. Inoltre è lei stessa che dice: "Ne ho parlato anche con il Clero". Per questo subito dopo l’uccisione di Nada, per settimane gli inquirenti tennero sotto controllo un intero convento di frati. Senza raccogliere elementi utili.
La procura, riaprendo il caso, ha infatti voluto risentire - come persone informate sui fatti - una decina di religiosi e dai primi riscontri, pare che siano emersi elementi utili all’inchiesta. Il dubbio è che qualcuno vicino al mondo ecclesiastico, abbia voluto proteggere Cecere e Soracco, per affetto o per timore di un possibile scandalo.
“Sono trascorsi 25 anni, chi sa parli, si faccia avanti e renda giustizia alla mia Nada”, continua a ripetere mamma Silvana, con gli occhi lucidi e la voce ferma di chi non è ancora stanca di combattere per conoscere la verità.
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