Il Nazionale

Cronaca | 08 novembre 2021, 14:10

Uccise il padre violento per difendere la madre: il pm lo definisce 'un bravo ragazzo' ma chiede 14 anni per Alex Pompa

L'episodio con protagonista il giovane di Collegno, studente dell'alberghiero di Pinerolo, il 30 aprile dello scorso anno. Il magistrato ha invitato i giudici a ricorrere alla Corte Costituzionale

Uccise il padre violento per difendere la madre: il pm lo definisce 'un bravo ragazzo' ma chiede 14 anni per Alex Pompa

Il pm Alessandro Aghemo ha chiesto 14 anni di carcere per Alex Pompa, lo studente di 20 anni processato con l'accusa di avere ucciso il padre per difendere la mamma nel corso dell'ennesima lite in famiglia il 30 aprile del 2020 a Collegno.

Il magistrato si è detto "costretto" a proporre una pena così elevata e ha invitato la Corte di Assise di sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma che impedisce di concedere la prevalenza delle numerose attenuanti.

Le parole della madre di Alex

La vittima, Giuseppe Pompa, 52 anni, è stata descritta come una persona "ossessiva, aggressiva, molesta e problematica". La moglie, Maria Caiola, ha detto in aula che nelle ore precedenti all'omicidio era stata chiamata "101 volte" da lui per questioni di gelosia, aggiungendo che nel corso dei mesi lei e i figli registravano le sue continue sfuriate "perché pensavamo che ci avrebbe ammazzato".

"Un bravo ragazzo"

Alex, ex studente dell'alberghiero di Pinerolo, che lo stesso pm ha definito "un bravo ragazzo, serio e studioso", il 30 aprile dello scorso anno intervenne nella lite e vibrò al padre 34 fendenti con 6 coltelli diversi. Una perizia ha definito il giovane sofferente di una sindrome post-traumatica provocata dal comportamento paterno. Secondo il pm le angherie e le vessazioni sono state "enfatizzate" nel corso del processo.

"Intervenga la Corte Costituzionale"

"Giuseppe - ha osservato - si comportava in maniera ingiustificabile, ma ha pagato con la vita. Una pena più alta di quella che avrebbe meritato". Il magistrato ha comunque aggiunto che "era l'artefice delle sofferenze del figlio" e ha chiamato in causa le attenuanti generiche e della provocazione per accumulo. "Ma il codice - ha concluso - mi impedisce di chiedere la prevalenza delle attenuanti sull'aggravante del vincolo di parentela e quindi una pena inferiore. Valutino i giudici se questa norma è ragionevole".

redazione

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