Gli iscritti all'associazione Futuro Italiano Partite Iva sono scesi di nuovo in strada a protestare contro una situazione definita come insostenibile. Dal presidio, andato in scena nel primo pomeriggio davanti alla sede centrale dell'Agenzia delle Entrate di corso Bolzano, è partita anche una proposta.
Un fondo di sicurezza per partite Iva grazie alle accise
A illustrare i dettagli della stessa è stata la presidente di FIPI Beba Pucciatti: “Chiediamo – ha spiegato – di destinare una parte delle accise per la creazione di un fondo di sicurezza per le partite IVA in gravi difficoltà economiche, visto e considerato che lo Stato attinge da queste risorse senza renderne conto ai cittadini. Finché queste venivano utilizzate per i terremoti o per il Vajont non ci sono stati problemi, ma nel 1995 l'ex ministro Dini ha pensato bene di non specificare la destinazione della tassazione”.
Il dramma suicidi durante il primo lockdown
Tutto questo a fronte di un periodo che ha visto una forte incidenza dei suicidi: “Durante – ha aggiunto – il primo lockdown, su 45 suicidi ben 25 sono stati di partite IVA mentre altri 21 sono stati sventati: moltissime famiglie hanno perso chi provvedeva al loro mantenimento, mentre altre sono rimaste senza alcun tipo di tutela per infortuni o malattia grave”.
Tra i tanti fronti aperti, uno riguarda i ristoratori e i gestori di bar: “La possibilità, consentita dal Comune di Torino, di allargarsi all'esterno con i dehors - ha concluso Pucciatti – rappresenta un onere ulteriore per gli esercenti che devono regolarizzare la situazione entro un mese ma che non hanno la disponibilità economica per pagare un geometra o fare la pratica. Si chiede e basta, non si è capito ancora che le partite IVA non hanno più soldi e nell'ultimo anno non hanno incassato: alcune attività hanno avuto riduzioni del 90%, basta pensare al settore delle palestre e a quello del turismo”.
La testimonianza della titolare di un'autocarrozzeria
“Preghiamo perché lo Stato non ci aiuta”: inizia con questa provocazione, invece, la testimonianza di Cristina Arlandi, titolare di un'autocarrozzeria a Torino: “Il mio codice Ateco - ha raccontato – non ha mai chiuso ma ho avuto costi triplicati perché il mio fatturato non rientra nei ristori. A volte capita che i clienti non si presentino, senza avvisare e nonostante le prenotazioni, ma a fine giornata i dipendenti li devo comunque pagare, non posso metterli in cassa integrazione. A essere in difficoltà, quindi, non è solo chi ha dovuto chiudere ma anche chi è rimasto aperto: io mi sto indebitando, non è corretto nei confronti di chi in questo periodo ha offerto un servizio insieme ad autonoleggi e officine meccaniche”.
La solidarietà di Fratelli d'Italia
Al presidio era presente anche il candidato alle prossime Elezioni Comunali nelle liste di Fratelli d'Italia Andrea Revel Nutini: “Mi dispiace - ha commentato – di essere l'unico rappresentante politico presente: queste istanze vengono portate avanti da una grandissima parte di italiani, veri produttori di reddito. Per il futuro auspico forte interessamento, da parte mia cercherò di espandere il coinvolgimento con la consapevolezza che anche il Comune potrà fare la sua parte”.
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