E’ una vicenda giudiziaria travagliata, quanto tragico era stato il fatto di cronaca da cui prese le mosse, quella che vede protagonista un 53enne albese, rinviato a giudizio dal Tribunale di Cassino (Frosinone) per gli esiti mortali di un incidente stradale verificatosi intorno alle 12 del 15 luglio 2018, una domenica, lungo la carreggiata Sud dell’autostrada A1 Milano-Napoli.
All’altezza di Ceprano e Portecorvo, il Volkswagen "Transport Caravelle" guidato dall’albese, in transito sull’Autosole per una trasferta di lavoro, tamponò violentemente la Fiat Punto sulla quale viaggiava una giovane famiglia partita da Roma per fare ritorno in Calabria, dove avrebbe trascorso le vacanze estive. Il violento urto spinse i due mezzi contro lo spartitraffico centrale, dopodiché auto e furgone si ribaltarono più volte.
Nel terribile schianto persero la vita tutti gli occupanti dell’utilitaria: i coniugi Stanislao Acri e Daria Olivo, entrambi 35enni, avvocati originari di Rossano Calabro trasferitisi nella Capitale per ragioni professionali, e il loro figlioletto Pier Emilio, di appena 6 mesi.
La tragedia suscitò ovviamente grande commozione, amplificata dalla notorietà del giovane, figlio di Pier Emilio Acri, noto giornalista calabrese mancato nel 2015, ma anche apprezzato giurista, appassionato di politica e candidato a sindaco nel centro calabrese – nel 2016 – col Movimento Cinque Stelle.
Per l’albese, che in conseguenza dell’incidente era stato ricoverato all’ospedale di Cassino, era scattata l’accusa di omicidio colposo plurimo. Venne sottoposto a test per rilevare l’assunzione di alcol e droga – risultati negativi – e gli venne sequestrato il cellulare, nell’ipotesi che un suo improprio utilizzo alla guida potesse essere stato all’origine dell’incidente. Un’apposita perizia, affidata all’ingegnere forense Lucio Pinchera e alla quale presero parte anche i consulenti di parte, sembrò comunque scagionarlo, escludendo sue colpe nella dinamica del sinistro, al punto che il pubblico ministero Emanuele De Franco chiese per lui l’archiviazione.
Una decisione cui si opposero però i parenti delle vittime e contro la quale venne anche firmato un appello, circolato nella comunità calabrese e sottoscritto da più di cento tra rappresentanti delle istituzioni locali, sindaci, consiglieri comunali, esponenti della Giunta regionale e di diverse forze politiche, sino alla chiesa locale. Una movimento di protesta al quale era seguito il pronunciamento del Gip, che, come il Codice di Procedura Penale prevede tra le sue facoltà, aveva ordinato al pubblico ministero di procedere con l’imputazione.
Nei giorni scorsi, davanti al Gup Vittoria Sodani si è tenuta l’udienza preliminare del processo che vede ora l’albese imputato. I familiari delle vittime vi si sono costituiti parte civile col patrocinio degli avvocati Antonio Cozza del foro di Perugia e Paolo Carrozzino del foro di Paola (Cosenza), mentre Lucrezia Francesca, madre di Stanislao Acri e nonna del piccolo Pier Emilio, ha nominato per sé il conosciuto penalista Nicodemo Gentile, volto noto al grande pubblico per le sue partecipazioni a numerosi programmi televisivi di informazione, nonché presidente di Penelope, associazione nazionale che si occupa di sostenere le famiglie e gli amici delle persone scomparse.
L’imputazione fa riferimento alla violazione delle norme sulla circolazione stradale. All’uomo si imputa, stanti le buoni condizioni della strada in quel momento, di non aver frenato tempestivamente e di non aver evitato la Punto svoltando a destra o sinistra del mezzo che gli si era fermato davanti.
La difesa, rappresentata dagli avvocati albesi Roberto e Matteo Ponzio, richiama l’esito di un’altra perizia cinematica, da lei affidata all’ingegner Alighiero Vincenti e con la quale il tecnico avrebbe dimostrato come l’imputato non avrebbe in realtà avuto a disposizione né lo spazio né il tempo sufficiente a qualsiasi manovra, e che quell’auto arrestatasi all’improvviso nella corsia centrale sulla quale egli viaggiava avrebbe rappresentato per lui "un ostacolo improvviso non percepibile", un’insidia di "oggettiva inevitabilità".
E’ sulla definizione di quanto effettivamente accaduto in quel tratto di asfalto che si preannuncia una serrata battaglia peritale nell’ambito di una processo che nella sua lunga udienza d’esordio ha visto affrontare una serie di eccezioni preliminari, per risolvere le quali giudice ha differito il procedimento alla seduta già fissata per il prossimo 19 maggio.
Tra queste ultime, la costituzione di parte civile da parte dell’avvocato Federico Cola, che rappresenta la onlus milanese "Basta sangue sulle strade".
I difensori dell’imputato hanno intanto annunciato che chiameranno in causa le società Axa e Vittoria Assicurazioni, che assicuravano i due mezzi coinvolti nel sinistro.
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