Importante decisione da parte del Tribunale di Asti nei giorni scorsi.
Il giudice Marco Bottallo, con un'ordinanza, ha riconosciuto il diritto a due donne residente a Santa Vittoria d'Alba, a riscuotere quanto riportato sul retro dei buoni fruttiferi postali da loro posseduti.
Tutto ebbe inizio nel 2018, quando, dopo 30 anni dalla sottoscrizione, le due donne si erano recate presso gli uffici postali per riscuotere le somme spettanti. Portarono a casa quasi 28mila euro, ma la somma non coincideva con i conteggi preliminari svolti.
Le due erano titolari di buoni fruttiferi postali della serie "P", particolarmente colpita dal decreto Goria del giugno 1986. Con questo decreto, infatti, il Governo aveva previsto come dovuti gli interessi per i primi venti anni di validità del titolo, ma non per gli ultimi dieci, riducendo così di molto i guadagni.
Con quel decreto erano stati introdotti i buoni fruttiferi postali della serie Q. La serie “P” poteva ancora essere utilizzata, ma gli uffici postali dovevano inserire la dicitura “Q/P” nella parte anteriore del buono e, sul retro, modificarne il rendimento attraverso un timbro. I buoni delle due risparmiatrici (e di moltissimi altri italiani) non erano stati modificati sul retro, ma solo sulla parte anteriore.
Così, nel giugno dello scorso anno, le due donne avevano fatto ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario, vincendo la procedura, alla quale, però, Poste aveva detto di non voler adempiere.
La vicenda è così arrivata velocemente in Tribunale ad Asti e il giudice Bottallo ha sancito la prevalenza di quanto riportato sul buono. In sostanza, per il Tribunale fa fede quello che è riportato sul buono.
Si tratta della prima pronuncia di questo tipo per il Tribunale astigiano, che ha condannato Poste Italiane a risarcire le risparmiatrici per quasi 21 mila euro.
“E' fondamentale che chi è in possesso di un buono postale emesso dopo il giugno 1986 e fino al 1997 lo faccia esaminare, anche se il buono è già stato incassato, basta che non siano passati più di dieci anni”, spiega l'avvocato braidese Alberto Rizzo, che, insieme al torinese Fabio Scarmozzino, ha assistito le donne.
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