Il Partito democratico? “Non ha provato a dare una soluzione alla crisi”.
Arriva da Saluzzo, commentando le parole del deputato dem – ed ex presidente del partito – Matteo Orfini, l’analisi del sindaco della Città Mauro Calderoni.
Ieri sera, proprio Orfini – con un post sulla sua pagina Facebook – ha tentato di spiegare come il Pd, in questi giorni, abbia “provato a dare una soluzione alla crisi con grande spirito unitario. Perché prima degli interessi di partito – ha aggiunto – vengono quelli del paese, o almeno così è per noi.
Quel tentativo è fallito. Il Presidente Mattarella con immensa saggezza ha ora indicato la strada per andare avanti, mettendo ancora una volta al centro quello che serve a un paese ferito e sofferente, che davvero non meritava il triste spettacolo di questa crisi assurda”.
Una tesi nella quale Calderoni non si rispecchia appieno.
“Sommessamente – le sue parole – da militante Pd dico no”.
Il primo cittadino saluzzese pensa che il Partito democratico, nel quale milita, non abbia “provato a dare una soluzione alla crisi”. Anzi, “Ne è stato una delle cause”.
“Questo almeno è parso a noi periferici, ininfluenti, lontani dai centri decisionali, mai consultati” continua Calderoni, ammettendo comunque che Orfini è una delle poche figure del Pd che mantiene aperto il confronto con la base del partito.
Proprio sulla lontananza tra Politica e gente, ad agosto, in un’intervista rilasciata al nostro Giampaolo Testa, il sindaco aveva lanciato la sfida: “Se davvero si volesse riavvicinare la politica alla ‘gente’, oggi gli strumenti ci sarebbero tutti. Oggi bisogna costruire l’argine al populismo nazional-sovranista e lo si fa rafforzando i legami all’interno delle comunità, non mettendo le piazze le une contro le altre.
C’è sempre maggior voglia di partecipazione”.
La sua disamina, poi, non si limita alle parole di Orfini e allarga il raggio: “Penso che siamo in piena crisi di sistema e lo sbocco non può che essere di profilo europeo: un patto tra sinistra riformista e area moderata popolare.
Così è in Francia, in Germania. Solo da noi c’è ancora la pregiudiziale ideologica”.
Una crisi da superare, “per altro, a livello politico, perché sul piano amministrativo locale siamo già andati ampiamente oltre”.
Una linea che da tempo Calderoni va sostenendo.
Sin a partire dal 2019, dopo la scissione e la nascita di “Italia Viva”: “I più tradizionalisti si chiedono se l’assetto organizzativo del Centrosinistra sia adeguato a governare efficacemente ed a rappresentare, al contempo, una proposta credibile per le prossime sfide elettorali.
Il Pd sia perno di una campagna di ascolto delle pure e delle aspettative della gente sennò sarà l’ennesima manovra di retroguardia”.
Poi, tornandoci sopra, nell’agosto dello scorso anno, contrario alla formazione di un Governo “giallorosso” a quelle che allora erano le condizioni: “Ho sempre pensato che il PD debba dialogare con il M5S, ma non ora e non in queste condizioni. Non credo però sia opportuno un governo politico tra M5S e PD. I Democratici non sono e non possono essere un’opzione paritetica rispetto alla Lega di Salvini. Il M5S dovrebbe ripudiare convintamente la complicità nella deriva populista e nazionalsovranista. Il PD, al contempo, dovrebbe liberarsi dei leaderismi e tornare ad essere una comunità che sappia fare sintesi di valori ed ideali”.
In quell’occasione, all’indomani del duro attacco dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, durante quell’informativa – in Senato – che aveva preceduto le dimissioni. Il premier aveva aspramente criticato quello che sino a quel momento era stato il suo alleato di Governo, Matteo Salvini. E Calderoni – incalzato – aveva ammesso di aver provato “Alcune ore di puro godimento, per l’inconsistenza politica di Salvini.
Evidentemente i Mattei sono così, scambiano i seggi coi sondaggi. Si confondono”.
Passano i mesi, nuova crisi di Governo, questa volta aperta da un altro Matteo, l’ex segretario Renzi.
Renzi? “Ha avuto l’occasione ai tempi del 41% alle Europee per realizzare questa prospettiva. Ha fallito. Ora ha disarticolato il quadro, ma chi e come lo ricomporrà?”.
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